Dirty Slot: gioco d’azzardo controllato dalla mafia. Blitz tra il Salento e Latina

22/01/2020 di

La Procura e la Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce hanno dato il via all’esecuzione di 10 arresti e a sequestri di beni per 7 milioni di euro a San Marino e in Italia – nelle province di Lecce, Brindisi, Taranto e anche nel Lazio, nelle province di Frosinone e Latina – nei confronti di persone ritenute appartenenti a una organizzazione criminale affiliata al clan Coluccia della Sacra Corona Unita.

L’indagine ha messo in luce estorsioni, truffe informatiche e gioco d’azzardo, in una organizzazione che secondo gli investigatori è in grado di imporre con metodo mafioso l’avvio, la gestione e il controllo del mercato del gaming, gioco legale e illegale.

Nel Salento, nell’operazione sono stati impegnati gli uomini del Gico della Guardia di Finanza. 

DIRTY SLOT. L’indagine è stata coordinata dalla Dda di Lecce, la Direzione distrettuale antimafia ed è stata denominata “Dirty Slot”, per indicare simbolicamente i torbidi affari del clan malavitoso. I coinvolti nell’operazione risponderanno delle accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori.

I riflettori degli investigatori sono stati puntati sulle slot e giochi per le scommesse sportive: i finanzieri hanno scoperto un sodalizio criminale di stampo mafioso, dedito alle estorsioni, alla truffa informatica e al gioco d’azzardo. I componenti dell’organizzazione sono stati ritenuti vicini al clan Coluccia di Galatina e ad alcune frange brindisine della Sacra corona unita. Si tratta di Alberto Marra; Massimiliano Marra e Gabriele Antonio De Paolis, ristretti nell’istituto penitenziario leccese. Ai domiciliari sono invece finiti: Leonardo Costa, Luigi Marra, Pamela Sabina Giannico. In quattro, infine, sottoposti alla misura dell’obbligo di firma: Andrea Bardoscia, Daniele Donno, Stefano Greco, Maurizio Zilli.

Secondo i riscontri investigativi, il gruppo avrebbe controllato il mercato del gaming con modalità mafiose nel Tacco così come nelle province di Brindisi, Taranto, Frosinone e Latina. Tutto è cominciato dalla denuncia sporta da un imprenditore salentino, operante nella produzione e noleggio di videoapparecchi da gioco e da alcune dichiarazioni rilasciate da collaboratori di giustizia. L’uomo sarebbe rimasto vittima di una estorsione,  da parte di un pregiudicato vicino al clan Coluccia. Il malcapitato avrebbe dovuto pagare il “pizzo” pur di tenere le proprie slot machine nei locali tra Galatina e Noha. Ma non è tutto. Durante l’indagine delle fiamme gialle, le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno anche rilevato anche un secondo tentativo di estorsione ai danni di un altro titolare di sala giochi, questa volta a Corigliano d’Otranto.

I due fratelli Marra, Alberto e Massimiliano, titolari della Teckno win srl, azienda operante nel settore dei videogiochi e già indagati nell’ambito di un altro procedimento penale e sempre ritenuti vicini al noto clan galatinese, sarebbero stati identificati come i “beneficiari” delle azioni della compagine mafiosa: quest’ultima avrebbe imposto a volte anche con violenza fisica a titolari di bar, ristoranti e sale da gioco l’installazione di circa 400 videogiochi prodotti dalla Tecno win srl. Secondo le indagini dei finanzieri, i fratelli Marra sarebbero a capo di un gruppo dedito alla manipolazione e alterazione delle schede di gioco e nell’attività di raccolta illegale delle scommesse per via telematica, effettuata per mezzo di congegni elettronici collegati a bookmaker stranieri, privi di autorizzazione ad operare in Italia, sottraendo gli introiti alla tassazione statale. Congegni dunque “taroccati” per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato. Quegli stessi proventi, hanno scoperto le fiamme gialle, venivano piuttosto riciclati nell’avvio di nuove attività intestate a terzi individui, “insospettabili”, per proteggere l’impero patrimoniale del clan salentino della Scu.

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria leccesi hanno effettuato sequestri di apparecchiature elettroniche e svolto una verifica fiscale nei confronti della società: hanno rilevato una enorme evasione fiscale di circa 2,5 milioni di euro e di oltre 15 milioni di euro di Iva, grazie anche alla scoperta di documentazione extracontabile in formato digitale rinvenuta negli hard disk della società, ricostruita dai militari delle fiamme gialle.