Traffico illecito di rifiuti, 15 arresti dell’Antimafia

15/01/2019 di

I carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Roma e i carabinieri Forestali di Roma, Rieti e Latina, coadiuvati dai reparti territoriali dell’Arma, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della locale procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone 15 arresti (6 custodie cautelari in carcere e 9 arresti domiciliari) tre obblighi di presentazione quotidiana in caserma, 12 divieti di dimora nel territorio della Provincia di Roma, oltre al sequestro preventivo di 25 autocarri utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti e un impianto di autodemolizione.

In totale sono 57 gli indagati, a vario titolo, per traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e ricettazione di veicoli e truffa in danno delle assicurazioni, simulazione di reato, favoreggiamento personale.

L’operazione «Tellus» (dal nome della divinità romana della Terra, a rimarcare l’impegno dei carabinieri a difesa dell’ambiente) costituisce l’esito di un’articolata attività di indagine scaturita da una serie di controlli, finalizzati al contrasto del fenomeno dei roghi tossici, conseguenti alla gestione illecita di rifiuti, operata prevalentemente da soggetti di etnia rom in concorso con i titolari di alcune aziende di recupero, che ne ricevevano le sole componenti di valore (es. rame, bronzo, ottone).

TRUFFE ALLE ASSICURAZIONI. Non solo rom e traffico dei rifiuti, ma anche italiani che portavano i propri veicoli ad un autodemolitore compiacente che smontava e rivendeva i pezzi. È il secondo filone dell’operazione condotta dai Carabinieri a Roma, Rieti e Latina, contro un traffico illecito di rifiuti. Fra i 57 indagati infatti c’è anche chi è accusato di  riciclaggio e ricettazione di veicoli, truffa alle assicurazioni e simulazione di reato.  In sostanza, i proprietari o locatari in leasing delle auto – sono stati scoperti almeno 7 casi dagli inquirenti – d’accordo con l’organizzazione stroncata dai militari dell’Arma – portavano i propri veicoli direttamente presso l’impianto di autodemolizione, dove venivano smontati e rivenduti singoli pezzi e smaltita la sola scocca come rifiuto ferroso che poi veniva inviata alle acciaierie per essere distrutta. Subito dopo, i proprietari denunciavano il furto del proprio veicolo truffando così  la propria compagnia assicurativa.