Dossier della DDA: La mafia investe a Latina e nel Basso Lazio

23/06/2017 di

«Tra i gruppi criminali che coesistono e operano in particolare sulla piazza di Roma, compresi quelli dediti al narcotraffico, non si registrano situazioni di grande contrasto. Dalle nuove indagini sembra emergere l’esistenza di un patto esplicito per evitare che questi contrasti – che pure ci sono, come è inevitabile – degenerino in atti criminali eclatanti e che rischierebbero di attirare l’attenzione degli inquirenti e dei media». È quanto si legge nella relazione annuale 2016 della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna), nella parte relativa distretto di Roma. Una sorta di “pax mafiosa” che non è nuova.

«Permane il grandissimo interesse di tali gruppi mafiosi nel settore del riciclaggio e del reimpiego delle risorse illecitamente acquisite» – prosegue la relazione, firmata per Roma e il Lazio dal procuratore aggiunto della Dna Giovanni Russo – «soprattutto in edilizia, società finanziarie e immobiliari, e nel commercio, abbigliamento, concessionarie di auto, ristorazione e sale da gioco».

In particolare, insomma, i gruppi mafiosi e criminali più che controllare il territorio alla maniera “meridionale” sono impegnati a riciclare e reinvestire capitali. In particolare il Basso Lazio (la provincia di Latina soprattutto e quella di Frosinone) «è stato oggetto di una “invasione” non soltanto ad opera di clan camorristici, ma anche di cosche di ‘ndrangheta».

Resta la difficoltà di vedere riconosciuta in Tribunale l’associazione di stampo mafioso, anche se ci sono state sentenze contrastanti. Tra i dati più eclatanti della relazione, i 140 milioni di euro di beni sequestrati nell’ambito dell’indagine Mafia Capitale, che portano a un totale di 360 milioni per i protagonisti del processo che andrà a luglio a sentenza.

Nel documento si fa riferimento in termini generici al fatto che la procura distrettuale antimafia (Dda) di Roma sta indagando sull’articolazione locale di una grande organizzazione per il traffico e la riduzione in schiavitù di migranti provenienti dalla Libia.

«Quanto ai reati di tratta e riduzione in schiavitù deve essere sottolineato come, nel periodo di interesse, si sono registrate numerose iniziative investigative e attività di indagine – si legge nel documento -, una delle quali, presentando profili di plurimo collegamento con altre attività investigative condotte da altre Direzioni Distrettuali Antimafia, ha consentito di individuare la presenza e di ricostruire le modalità operative di una articolazione “romana” di una più vasta associazione che, a partire dai porti libici, gestisce il più grande flusso di migranti nel Mediterraneo registrato dal dopoguerra con sbarchi in diverse località del territorio nazionale».