Ragazze morte a Ventotene, chiesta la conferma delle condanne

19/04/2017 di
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Si apre il processo d’appello per la morte delle studentesse romane nel crollo di Ventotene, il 20 aprile 2010. In aula il procuratore generale ha chiesto la conferma delle condanne emesse dal tribunale di Terracina per la morte di Sara Panuccio e Francesca Colonnello. Le studentesse di 13 e 14 anni morirono durante una gita scolastica a Ventotene, schiacciate dal crollo di una parete rocciosa in località Cala Rossano.

A Terracina furono condannati a 2 anni e 4 mesi l’ex sindaco, Giuseppe Assenso, e il capo dell’ufficio tecnico dell’isola, Pasquale Romano. Mentre il precedente sindaco Vito Biondo e l’ingegnere del Genio Civile di Latina Luciano Pizzuti furono condannati a un anno e 10 mesi. Il processo è stato rinviato al 14 giugno per l’intervento degli avvocati difensori e la sentenza.

La tragedia di Ventotene dell’aprile 2010 sconvolse l’intera comunità e non solo. Nelle oltre cento pagine della sentenza di primo grado i giudici sottolinearono “l’inerzia nel tempo del Comune di Ventotene, in persona dei suoi Sindaci e del responsabile dell’Ufficio Tecnico, l’omesso esercizio del diritto/dovere di far sentire la propria voce nelle sedi istituzionali in cui si affrontavano i problemi di tutela del territorio e delle persone, l’aver mancato tutti gli appuntamenti importanti per tenere sotto controllo il rischio idrogeologico, costituisce negligenza grave e configura l’elemento soggettivo delle condotte omissive per cui si procede”.

Secondo l’accusa fu ignorata una frana del 2004 che avrebbe dovuto rappresentare un segnale d’allarme importante e che invece secondo i giudici fu trascurato. “Appare a chi scrive oltremodo grave che la consapevolezza del notevole rischio di dissesto, dimostrata dalla entità e dal costo economico dei lavori necessari alla sua eliminazione, non abbia indotto lo stesso Sindaco che aveva affidato lo studio ed avanzava richiesta di finanziamenti a comunicare la situazione all’Autorità, come era suo preciso dovere…”. “Forti perplessità – continuano i giudici – suscita altresì la deposizione di S. M., ormeggiatore da vent’anni a Ventotene, altro teste animato non certo dal dovere morale e giuridico di dire la verità, quanto piuttosto dall’intento di convincere che l’isola ed in particolare Cala Rossano era un posto assolutamente sicuro, ove lui non aveva mai saputo di crolli o frane né di lavori di alcun genere”. Altro teste, l’allora comandante della capitaneria di porto di Ventotene: “Nella prima parte della deposizione, a dir poco indulgente verso qualunque eventuale responsabile e stupefacente nel contenuto, se si pensa che proviene dalla massima autorità marittima dell’isola, il teste ha cercato di minimizzare anche il tenore della nota a sua firma del 16 novembre 2009″.

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