Finto prete ucciso, pene dimezzate nel processo di secondo grado

02/03/2017 di
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Condanne pressoché dimezzate in appello per i presunti responsabili dell’omicidio a scopo di rapina di Patrizio Barlone, il finto prete di 61 anni dal passato burrascoso trovato morto nel febbraio 2015 nella sua casa di Monte San Biagio, in provincia di Latina. La Prima Corte d’assise d’appello di Roma ha condannato a 18 anni di carcere ciascuno Salvatore Avola, Carmine Marasco e Antonio Imperato, considerati gli autori materiali del delitto; 15 anni sono stati sentenziati per Aldo Quadrino e Salvatore Scarallo; 10 anni, infine, sono stati inflitti a Vincenza Avola.

In primo grado, nel febbraio dello scorso anno, il gup di Latina, a conclusione del processo col rito abbreviato, condannò Imperato, Marasco e Salvatore Avola a 30 anni, Quadrino e Scarallo a 20, Vincenza Avola a 5 anni solo per rapina (la donna fu assolta dall’accusa di concorso in omicidio). A quest’ultima, oggi, è stata ripristinata anche l’imputazione di omicidio. Le riduzioni disposte in appello sono motivate con la concessione della diminuente del ‘concorso anomalò (per 3 degli imputati) o con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti che sono state contestate.

Era il 9 febbraio 2015 quando, in un’abitazione di Monte San Biagio, proprio di fronte alla caserma dei Carabinieri, fu trovato morto Barlone – per tutti don Patrizio – ex diacono, sospeso e interdetto dall’esercizio e in più occasioni spacciatosi per sacerdote. Aveva le mani legate con alcune fascette di plastica, il cranio fracassato da calci e pugni e la bocca bloccata con una sciarpa. A trovare il cadavere fu la sorella che diede subito l’allarme. Quattro persone, tra cui una donna, furono immortalate da una telecamera di sicurezza posizionata sui muri della caserma dei carabinieri, proprio di fronte la casa del finto prete. Inizialmente si pensò a un furto; poi tra le ipotesi presero corpo quella della rapina finita male, ma anche quella di una vendetta magari legata a questioni di soldi in prestito. Qualche mese dopo, i carabinieri risolsero il caso, arrestando le sei persone poi portate a processo.