Rai Storia racconta il processo a Pasolini nel tribunale di Latina

12/02/2017 di
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Figura centrale della cultura italiana del secondo dopoguerra, Pier Paolo Pasolini è stato un intellettuale versatile: poeta, scrittore, regista e drammaturgo; saggista, filologo, ma anche polemista e giornalista di razza. Un personaggio raccontato nel 2013 da Gianni Borgna e Giancarlo Governi in Storie sospette in onda oggi alle 19.30 su Rai Storia. Dopo i suoi esordi friulani, la grande notorietà raggiunge Pasolini a Roma, dove nel frattempo si è trasferito nel 1950. I suoi romanzi, le sue raccolte poetiche e soprattutto i suoi film fanno subito discutere e gli attirano denunce a getto continuo.

È soprattutto la sua vita privata a suscitare scandalo e a porlo al centro di accuse e processi a dir poco assurdi, come quando viene accusato di avere tentato di rapinare un benzinaio del Circeo puntandogli contro una rivoltella con pallottole d’oro. Pasolini, per questa accusa, subì un processo al tribunale di Latina.

L’accusa. E’ il 18 novembre 1961. Il dipendente di un bar a San Felice Circeo, sostiene che uno sconosciuto, dopo aver bevuto una Coca-Cola e dopo aver fatto molte domande, avrebbe indossato un paio di guanti neri, inserito nella pistola un proiettile d’oro e cercato di rapinarlo dell”incasso della giornata. Il barista cerca di reagire e colpisce con un coltello la mano del rapinatore, che fugge. Il giorno successivo il barista vede passare per strada una Giulietta, in cui riconosce il suo rapinatore: prende il numero di targa e fa una denuncia ai carabinieri. In quella Giulietta c’è Pier Paolo Pasolini. I carabinieri di Roma perquisiscono l’abitazione e la macchina di Pasolini in cerca della pistola. Pasolini ammette di essere entrato nel bar, di aver bevuto una Coca-Cola, di aver fatto alcune domande, ma di essersi poi diretto a San Felice Circeo, dove stava lavorando alla sceneggiatura di Mamma Roma. La sua versione non convince e viene rinviato a giudizio.

Il processo a Latina. L’avvocato difensore di Pasolini, il democristiano Carnelutti, viene sospettato da alcuni giornali di essere l’amante dello scrittore. Pasolini viene condannato a quindici giorni di reclusione, più cinque per porto abusivo di armi da fuoco e diecimila lire per mancata denuncia della pistola, con la condizionale. I difensori presentano immediatamente appello. Il 13 luglio 1963 la corte d’appello di Roma dichiara di non doversi procedere contro Pasolini per estinzione del reato intervenuta per amnistia. L’avvocato di Pasolini, Berlingieri, ricorre in Cassazione per ottenere l’assoluzione con formula piena, ma ottiene solo un’assoluzione per mancanza di prove. Una vicenda che all’epoca fece scalpore per la superficialità con la quale si arrivò ad accusare un grande poeta di un atto così miserabile del quale certo non aveva bisogno.

La verità è che di Pasolini non si accettano la dichiarata omosessualità, l’adesione al marxismo e l’anticonformismo. Pasolini diventa presto indigesto alla destra e al potere, ma non è neppure amato (salvo eccezioni) dalla sinistra. Negli ultimi anni della sua vita contesta gli stessi contestatori del ’68, e denuncia il degrado della società italiana. Toni e temi presenti anche nelle sue ultime opere, il film ‘Salò o le centoventi giornate di Sodomà e il romanzo ‘Petroliò, che uscirà, incompiuto, soltanto 17 anni dopo la sua morte, che avviene nella notte tra l’1 e il 2 novembre all’Idroscalo di Ostia in circostanze tuttora non chiarite.