BLOG – So’ de Latina – Non esistono più i contadini di una volta

10/11/2020 di

Chiudete gli occhi.
Immaginate un contadino.

A chi pensate? 
Nella mia mente si materializza un uomo tipo mio nonno, con il cappellino di paglia, la camicia a quadri blu e rossa e il pantalone a vita alta con il risvolto. Pelle bruciata dal sole, occhi piccoli e una vita interamente dedicata alla campagna. 
La mattina sveglia alle cinque, pranzo a mezzogiorno, rientro a casa previsto per le sette orario legale, sei orario solare. 

Per 35 anni ho immaginato il contadino così. Non sempre era mio nonno, a volte era un altro signore della stessa età di mio nonno, camicia a quadri gialla e verde, cappellino di paglia. Altre volte il contadino della mia mente aveva la camicia a quadri marrone e rossa.
Le camicie vanno cambiate. 

Negli ultimi anni ho vissuto in città dove di contadini nemmeno l’ombra. 
La sera, tra un clacson e una sirena della polizia, chiudevo gli occhi e pensavo a quanto sarebbe stato bello mangiare l’insalata di mio nonno. L’avrebbe staccata con il coltello rosso e l’avrebbe messa sul secchio bianco, porgendomelo con le sue mani sporche di terra. 
Altro che Amuchina, per togliere tutta quella terra ci voleva acqua calda, sapone e tanta pazienza, soprattutto quando andava a finire sotto le unghie. Ma mio nonno aveva le unghie cortissime, sotto la pelle.

Quest’anno sono tornata nelle campagne dell’Agro Pontino e nella terra di mio nonno, ormai incolta. Lui non c’è più.
Mi sono chiesta come sarebbero le terre dell’Agro Pontino se tutti i nonni contadini scomparissero.
Sorgerebbero nuovi centri commerciali al posto delle campagne?
Riemergerebbe la palude e moriremmo di malaria invece che di Covid? 
Ero preoccupata. 

Finché un giorno ho conosciuto lui, Stefano, 28 anni, contadino. Palestrato, sopracciglia ben curate e – che ve lo dico a fare – unghie ancora più curate. Più delle mie. E Stefano non aveva la camicia a quadri, no! Indossava una t-shirt aderente bianca che risaltava la sua abbronzatura e i suoi addominali. 

Fermatevi, questo non è un vero contadino. Sta facendo finta, è evidente. Magari da qualche anno tra i giovani è nata la moda del contadino. Freudianamente, le ragazze vedono nel contadino una figura paterna anzi, nonnesca, che dà loro sicurezza. O forse è merito di qualche programma televisivo tipo “Contadino cerca moglie” quindi il ragazzo fa finta di essere contadino per rimorchiare.
Sicuramente è così. 

Poi ho parlato con Stefano e ho capito che no, non è così. Lui lavora davvero. Si sveglia all’alba e torna a casa alle sei di sera, tranne tre volte a settimana che riesce a staccare prima e andare in palestra. Qualche sera esce e magari la mattina va a lavoro più tardi, ma recupera il tempo perso nel fine settimana. 
Ne ho incontrati altri come lui da quando sono qui.

Postano foto su Instagram mentre lavorano e hanno lo stesso sguardo di mio nonno. Lo sguardo di chi ha scelto un mestiere, difficile e straordinario, che pensavo fosse morto con lui e con gli altri nonni veneti. 
Sono felici e mi viene voglia di stare con loro e di guidare un trattore per strada per provare l’ebbrezza del vento sul viso e sentire gli insulti degli automobilisti che dietro di me vogliono sorpassare perché corrono chissà dove e chissà perché. Mi girerei e li guarderei mostrando loro il dito medio. Direi loro che il vero tempo, quello delle stagioni, non è quello che pensano di vivere. 

Nonostante questa situazione storica difficile, oggi mi sento tranquilla perché so che i centri commerciali non prenderanno il posto delle campagne e che almeno non moriremo di malaria.