BLOG – So’ de Latina. È meglio che non ci salutiamo

10/05/2020 di

Su internet vanno di moda le sfide, queste “challenge”, dove invece dei premi si vincono i like (ma quanto erano belli i prosciutti e i salami che si vincevano al palo della cuccagna nelle sagre dei borghi?)

La sfida funziona così: te proponi un’azione divertente o innovativa e gli altri la imitano, filmandosi con il cellulare.

Ai ragazzi piace molto gareggiare. Si sfidano a ballare, a cantare, a lanciare secchi d’acqua alla gente, a fare gli sgambetti ai loro amici mentre saltano. Una gara all’ultimo sangue, in tutti i sensi.
Ma anche noi over 30 siamo impavidi.

Le donne su Facebook si sfidano a pubblicare i loro selfie senza trucco (e per noi è davvero un atto di coraggio), gli uomini non si sfidano e anche questo è un atto di coraggio.
L’altro giorno ho deciso di lanciare anche io una sfida rivoluzionaria: il “saluto challenge”, ovvero salutare tutte le persone che si incontrano.
Ho voluto fare questa azione innovativa prendendo spunto dal periodo vissuto negli Stati Uniti, dove vedevo che tutti si salutavano senza conoscersi. Ed era veramente piacevole. Dirsi buongiorno/buonasera provocava una sensazione di pace e amore.

Ogni saluto era un sorriso, ogni sorriso era un altro sorriso e tutti si volevano bene. Era una grande pubblicità della Mulino Bianco ma senza biscotti perché gli americani a colazione mangiano pancetta e pancake con sciroppo d’acero. Quanto amore nell’aria!

Ma come sapete, in America ogni tanto qualcuno impazzisce e spara. La signora ottantenne in fila alla cassa ti sorride, insiste per farti passare davanti perché devi solo pagare il latte, ti regala un dollaro perché non ti bastano i contanti, tira fuori la pistola e ti uccide. Sorridendo. Quando si dice morire con il sorriso.

Ad un certo punto quindi ho deciso di non salutare più nessuno. Ma era difficile evitare tutta questa buona educazione.

Quando camminavo per strada e abbassavo lo sguardo, il tizio che incontravo mi faceva dire ciao dal cane, a cui aveva insegnato a salutare per non farlo sembrare maleducato.
Se mi voltavo, il gruppo di mamme con il passeggino mi accerchiava per augurarmi una buona giornata e pure i bambini si toglievano il ciuccio per balbettare la loro prima parolina, il “ciao”.
Rischiavo di morire soffocata di gentilezza e bontà materna. Era meglio forse morire con il colpo di pistola inferto della signora ottantenne? Non lo so, in ogni caso non volevo morire.

Per fortuna sono scappata presto in Italia.
E torniamo a Latina appunto, e al “saluto challenge”.

L’altro giorno ero ferma al semaforo e ho salutato una signora in macchina a fianco a me.
Avevamo entrambe la mascherina. La signora ha abbassato il finestrino e mi ha chiesto: “Ci conosciamo? Si può togliere la mascherina? Non riesco a capire chi è!”
“Non ci conosciamo signora. Volevo solo salutarla”
“Ah”. Mi ha guardato interdetta e se ne è andata.
Al supermercato ho salutato un signore al reparto frutta e verdura.
“Scusi chi è?” mi fa lui “Con la mascherina non la riconosco. Se la può abbassare un momento?”
“No no, non ci conosciamo, era solo un saluto”.
“Bè… arrivederci” e se ne va imbarazzato.
Stessa cosa con una ragazza in fila alla cassa.
“Ma che sei Giulia? Amò se sei te scoprite n’attimo la faccia, tanto gli altri stanno lontani, non te vedo da troppo, te prego”
“Grazie per l’affetto che mi dimostri, cara ragazza, ma non sono Giulia”
“E perché me stai a salutà?”
“Perché saluto tutti. É il saluto challenge.”

La ragazza scoppia a ridere.
“Dai me stai a prende in giro, lo so che sei Giulia, abbassate ‘sta mascherina”.
La ragazza si rivolge alla cassiera ed urla: “Fatele toglie du secondi ‘sta mascherina, questa è Giulia, non c’ha il virus, è solo un po’ scema. Dai diciamoglielo tutti insieme! Ma-sche-ri-na, ma-sche-ri-na!”
E dalle quattro file verso le casse parte il coro “Ma-sche-ri-na, ma-sche-ri-na!”
Io la mascherina non me la tolgo, ho paura.
“M’hai riconosciuto amò, sono Giulia! Te stavo a pija in giro!”

Se come me avete paura di morire, non salutate nessuno. Parola di Giulia.