ADDIO PIETRO CALABRESE, UNA VITA DA CRONISTA
Ha parlato della sua malattia come fosse quella di ‘Ginò, quasi ogni settimana sul ‘Magazinè del ‘Corriere della Serà, in un tono ora drammatico, ora poetico, ora crudo, ora giocoso come era nelle sue corde. Fino alla fine. Così era Pietro Calabrese, che muore lasciando in uscita in libreria a fine mese il segno della sua capacità di trasformare anche la sofferenza in racconto con ‘L’albero dei mille annì. »Non avevo mai immaginato – scrive nel libro in uscita – potesse davvero accadere così. È accaduto.
Ha ragione Woody Allen in quella battuta sulfurea di un suo vecchio film: In questa nostra epoca le due parole più belle che si possono ascoltare non sono Ti amo, ma È benigno….«. Romano vero di quelli profondamente legati alla città (e oggi il cordoglio viene dal sindaco attuale Alemanno, ma anche dai predecessori Rutelli e Veltroni), ma soprattutto »grande firma del giornalismo italiano che nella sua lunga e multiforme esperienza professionale ha saputo indagare con lucidit… ed indipendenza la realt… e le trasformazioni della societ…«, come scrive il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di cordoglio alla famiglia. Mentre il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, a nome suo e dell’intero governo, si dice »profondamente addolorato perch‚ con Pietro Calabrese scompare un caro amico, un maestro di giornalismo«.
»L’Italia – aggiunge – perde un professionista di grande talento, onestà e coraggio«. Oggi la politica e le istituzioni lo salutano in un abbraccio bipartisan che da Schifani a Fini, a Bonaiuti, coinvolge Gasparri, Casini, Gasbarra, Chiti, Polverini e molti altri. Aveva 66 anni (era nato l’8 maggio 1944) da genitori siciliani, laureato in giurisprudenza, un inizio come funzionario parlamentare, Calabrese era giornalista professionista dal 1974 e della tanto amata professione ha seguito dal vertice, i più svariati argomenti passando dagli esteri, alla cultura, allo sport. Dando anche il buongiorno agli italiani, per lungo tempo, con la sua voce simpatica dal programma mattutino di Radiouno.
E ‘ stato giornalista d’agenzia dal ’73 al ’77 all’ Ansa, prima alla redazione notiziari per l’ estero e poi alla redazione di Parigi. Calabrese era poi tornato nella capitale francese come corrispondente del Messaggero, giornale che ha attraversato fino alla direzione. Per il quotidiano romano ha lavorato anche a Bruxelles e poi come responsabile delle pagine culturali per lasciarlo quando diventò il brillante responsabile delle pagine cultura e spettacoli dell’ Espresso. Tornato al Messaggero, era stato nominato caporedattore centrale e poi vicedirettore unico. Nel gennaio 1996 aveva chiesto l’aspettativa per assumere la carica di presidente del Comitato promotore delle Olimpiadi del 2004 e in questa veste era stato anche consulente dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli. Per la capitale era poi tornato a lavorare quando sindaco era Walter Veltroni per abbandonare il ruolo con l’arrivo di Gianni Alemanno. Del Messaggero è stato poi infine direttore dal giugno del 1996 fino alla nomina in Rai nel 1999. Questo fu forse il capitolo più faticoso e discusso della sua lunga carriera, quando il Cda con la direzione generale di Pier Luigi Celli lo volle per dirigere la Divisione tv canale 3 e offerte collegate della Rai. Un ruolo scarsamente operativo perchè il progetto a cui era legato non decollò mai e lui se ne andò. Si parlò poi negli anni successivi di una sua candidatura alla direzione del Tg1 e poi infine il suo nome circolò anche successivamente, dopo il 2008, tra quelli dei candidati alla presidenza di Viale Mazzini. Dopo un passaggio alla divisione multimediale del Gruppo Rcs diventa direttore di ‘Capital’ nel 2001, ma l’anno dopo viene scelto per andare a dirigere La Gazzetta dello sport al posto di Candido Cannavò. Fu in quella occasione, che riassunse così la sua idea di giornalismo: »Emozione. Ecco la nostra arma. Se riusciamo a raccontare con imparzialità ma con emozione abbiamo vinto«. Si dimetterà dopo due anni per passare alla direzione di Panorama, che lascia poi nel 2007 a Maurizio Belpietro. La malattia, brutale, arriva all’improvviso. È lui stesso a parlarne, nell’autunno del 2009. Ne scrive sul magazine del Corsera, commuovendo i lettori, con la storia di Gino . E la racconta in un libro, che non ha fatto in tempo a vedere pubblicato (esce il 29 settembre per Rizzoli) ma che è stata anche l’occasione per ragionare sulla vita e i suoi scherzi, il cielo stellato, gli amici veri e i baobab. I funerali si svolgeranno marted alle 11 nella chiesa di San Roberto Bellarmino.