E’ MORTO FRANCESCO COSSIGA
Francesco Cossiga è morto alle 13,18 a Roma. Le sue condizioni erano peggiorate nella notte.
PROTAGONISTA DELLA STORIA ITALIANA – Deputato, ministro dell’Interno, presidente del Consiglio, presidente del Senato, presidente della Repubblica. Francesco Cossiga, 82 anni, nato a Sassari il 26 luglio 1928, attraversa da protagonista la storia della Repubblica Italiana. Eletto deputato per la prima volta nel 1958 diventa poi il più giovane sottosegretario alla difesa nel terzo governo Moro (23 febbraio 1966), il più giovane ministro degli Interni (il 12 febbraio 1976, a 48 anni), il più giovane presidente del Senato (12 luglio 1983, a 55 anni) e, infine, il più giovane inquilino del Quirinale, a 57 anni non ancora compiuti il 24 giugno del 1985, dove è rimasto fino al 1992. Giurista e docente, ha un ruolo da protagonista in numerose vicende e passaggi delicati della storia istituzionale del paese. Ministro dell’Interno nel terzo governo Andreotti dal 1976 al 1978, si dimette in seguito all’uccisione di Aldo Moro.
«Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo – ha detto intervistato da Paolo Guzzanti – Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro». Un anno dopo, il 4 agosto 1979, viene nominato presidente del Consiglio dei ministri, in carica fino all’ottobre del 1980. Cossiga fu sospettato di aver rivelato al compagno di partito Carlo Donat Cattin, che suo figlio Marco era indagato e prossimo all’arresto, essendo coinvolto in episodi di terrorismo. Anche dal Quirinale, dove è arrivato nel 1985 e dove è rimasto fino alle dimissioni del 1992 due mesi prima della scadenza naturale del mandato, Cossiga riveste un ruolo attivo nella politica di quegli anni, specialmente dopo la caduta del Muro di Berlino, quando iniziò quindi una fase di conflitto e polemica politica con i partiti, principalmente Pci e Dc, provocatoria e volutamente sopra le righe che gli sono valse gli appellativi di «grande esternatore» o «Picconatore», dopo che egli stesso ebbe a definire «picconate al sistema» i suoi interventi nella discussione politica. Tra le esternazioni, quella contro il magistrato Rosario Livatino, definito «giudice ragazzino», che poi fu assassinato dalla mafia nel 1990.
Il suo nome è legato anche alla vicenda Gladio, sezione italiana di Stay Behind , organizzazione segreta dell’Alleanza Atlantica contro il pericolo di invasione sovietica, che, come sottosegretario alla Difesa, nel 1966 fu chiamato a sovrintendere. Per questa vicenda, nel dicembre del 1991 fu presentata in Parlamento da parte dell’allora minoranza la richiesta di messa in stato di accusa di Cossiga . Il comitato parlamentare ritenne tutte le accuse infondate mentre la Procura di Roma richiese l’archiviazione, accolta dal tribunale dei ministri. Successivamente al mandato presidenziale, Cossiga è stato determinante nei primi anni della Seconda Repubblica. Con una pattuglia di deputati e senatori, da lui definiti «quattro gatti», è stato decisivo nelle vicende che hanno portato alla caduta del primo governo Prodi nel 1998 garantendo la maggioranza parlamentare a Massimo D’Alema, primo ex comunista a sedere sulla poltrona di Palazzo Chigi. In quella occasione Cossiga regalò a D’Alema, in Parlamento, un bambino di zucchero, ironizzando sullo slogan che nel secondo dopoguerra dipingeva i comunisti come mangiatori di bambini. Il 27 novembre 2006 ha presentato al presidente del Senato, Franco Marini, le dimissioni da senatore a vita, respinte dall’assemblea di Palazzo Madama. La richiesta di dimissioni arrivò dopo un’interpellanza parlamentare nella quale Cossiga richiedeva al ministro dell’Interno Giuliano Amato di chiarire una vicenda nella quale era coinvolto il direttore del dipartimento della Pubblica sicurezza, il prefetto Giovanni De Gennaro. Più recentemente, nel 2007 è determinante per salvare dalla crisi il governo Prodi, con il suo sì al decreto sicurezza, sul quale l’esecutivo aveva posto il voto di fiducia. Nel 2008 Cossiga ha votato la fiducia al governo Berlusconi , al quale già in precedenza, nel 1994, aveva votato la fiducia.