FIRMATO IL DECRETO SALVALISTE

05/03/2010 di

«Sono soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni al fine di garantire a tutti il diritto di voto». Silvio Berlusconi si è congedato così – dopo una nuova, lunga, giornata di intenso lavoro – dai suoi ministri chiamati a Palazzo Chigi per esaminare e approvare il decreto ‘salvalistè. Una corsa contro il tempo dopo il ‘pasticciò di Roma e Milano che ha costretto il governo a marciare a tappe forzate e dentro gli spazi strettissimi che il Quirinale aveva imposto come ‘conditio sine qua non’ interventi legislativi non sarebbero stati nemmeno presi in considerazione. Una maratona anche diplomatica con continui e frequentissimi contatti tra palazzo Chigi e il colle più alto che alla fine, ha portato al varo del decreto «interpretativo» e, poco prima della mezzanotte, alla firma di Napolitano.


E già domani, dunque in tempo per poter essere utilizzato dai Tar, sarà pubblicato, come annunciato dal ministro dell’Interno in conferenza stampa, in Gazzetta Ufficiale. Un epilogo, però, non del tutto scontato, se solo si pensa che solo ieri sera il colloquio del premier con Giorgio Napolitano si era concluso talmente male da richiedere questa mattina una telefonata di scuse del Cavaliere all’inquilino del Colle. In molti nel governo, infatti, ancora oggi riferivano di un Berlusconi «molto deciso», «determinato ad andare avanti» da solo. Ritrovata la vena diplomatica e ricucita la linea del dialogo con il Quirinale, non sono però mancati nuovi problemi attorno al testo. E ancora questa sera il consiglio dei ministri ha dovuto subire uno slittamento – dalle 18 alle 19,30 – per poi cominciare definitivamente solo dopo le 21. Secondo quanto riferito ci sarebbe stata l’insistenza di alcuni ministri per modificare parte del testo. Ma le limature venute dai contatti con il Colle sono state presentate come «intoccabili» dal ministro Maroni. Nessun assalto e nessuna modifica, dunque. E questo ha permesso a Maroni di scandire in conferenza stampa che il decreto «non porta alcuna modifica di norme di legge. Il governo – ha detto – si è limitato a dire qual è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti» in modo che «gli organi della giustizia amministrativa possano decidere serenamente se accettare o no i ricorsi». Berlusconi, che si era visto bocciare ieri dal Quirinale un decreto sulla possibile riapertura dei termini di presentazione delle liste, per tutto il pomeriggio ha mantenuto un profilo basso ed è stato al lavoro con ministri, tenendo il punto però sul grave vulnus alla democrazia che la mancata presentazione delle liste in Lazio e Lombardia avrebbe aperto, facendo prevalere i ‘formalismi« sul diritto di voto attivo e passivo. »Speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia«, ha affermato il premier a consiglio dei ministri in corso, intervenendo al telefono alla convention del Pdl organizzata a Bari in sostegno del candidato Rocco Palese. »Riteniamo che alcune norme non siano state applicate in modo corretto« ha spiegato al termine del cdm Maroni che ha portato come esempio quanto accaduto »alla presentazione delle liste a Roma: una circolare del ministero dell’Interno – ha ricordato – stabilisce che il Cancelliere non può rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ciò non è avvenuto«.

La maggioranza tira un sospiro di sollievo, ma tutte le opposizioni, dall’Udc alla sinistra radicale, sono in rivolta e, come raramente accade, si ritrovano compatte sullo stesso fronte contro un governo che – è l’accusa – «uccide la democrazia»: è l’effetto del decreto salva-liste, che ha visto la luce questa sera a palazzo Chigi dopo un lungo e travagliato parto. Per tutta la giornata Udc, Pd, Idv insieme alla sinistra ‘extraparlamentarè hanno sparato a zero contro l’esecutivo e contro Silvio Berlusconi in procinto di sanare le liste del centrodestra nel Lazio e in Lombardia; con Antonio Di Pietro che ha chiamato «alle armi», sia pure ‘democratichè, i cittadini per una mobilitazione di piazza contro il «dittatore». Iperattivo il leader di Idv che ha parlato di ‘golpè di ‘abuso di poterè spingendo alla protesta e alla mobilitazione i cittadini-elettori. E questa sera, dopo il varo del Dl, l’attacco concentrico delle opposizioni contro la maggioranza è andato avanti senza sosta, con toni sempre più preoccupati e allarmati. E anche con minacce e avvertimenti come quello di Vincenzo Maruccio, Capolista dell’Italia dei Valori alle Regionali del Lazio, che ha ipotizzato il ritiro delle sue liste dalla competizione elettorale. La linea dura Pier Luigi Bersani l’ha mantenuta anche oggi (con Dario Franceschini che si è trasformato in un suo supporter), nel suo tour al nord. Il segretario del Pd ha bocciato scorciatoie, e «trucchi per coprire pasticci», ha annunciato una dura opposizione. E poi è partita la stoccata finale: se sono in grado pensino al paese, pensino a dare risposte ai problemi altrimenti facciano le valigie. Niente sconti al governo anche da Pier Ferdinando Casini per il quale «in questo Paese le regole valgono per i deboli, e per i forti non valgono mai e questo è intollerabile». Arrabbiata Rosy Bindi secondo cui il decreto «cambia le regole» e così facendo «il governo umilia la Costituzione». La Bindi ha quindi delineato uno scenario inquietante: la bocciatura del provvedimento da parte della Consulta con il rischio di elezioni-bis. Una valanga di accuse, che però Silvio Berlusconi ha voluto ribaltare sulla stessa opposizione: così in un collegamento telefonico con una manifestazione elettorale a Bari, il premier ha messo in guardia dal rischio di cadere, se la sinistra tornasse al potere, in uno stato di polizia, in una dittatura. Intanto, però – è la controaccusa che sale dalla sinistra – il paese vive la sua «notte della Repubblica» come dice Oliviero Diliberto leader del Pdci, il partito che ha distribuito volantini listato a lutto per annunciare la «morte della democrazia». E Angelo Bonelli, leader dei Verdi, che parla di «pirateria istituzionale»,e «sfregio» alla Costituzione dice che bisogna «fermare le elezioni».

«Le norme a Roma non sono state applicate in modo corretto». Il ministro degli Interni Roberto Maroni, subito dopo l’approvazione del decreto legge interpretativo per risolvere l’impasse delle regionali, motiva così la decisione del Governo di intervenire con un provvedimento interpretativo delle norme vigenti. Il decreto consentirà, da una parte, la corretta applicazione delle norme e, dall’altra, la possibilità, lunedì prossimo dalle 8.00 alle 16.00, di ripresentare le liste. A spiegarlo è il responsabile elettorale del Pdl Ignazio Abrignani. «Il comma 1 del decreto – rileva – fa riferimento a chi è in grado di provare in qualsiasi modo di essere all’interno del tribunale o della corte d’appello entro i termini: e noi abbiamo una dichiarazione del Tribunale che attesta che c’eravamo. Inoltre – aggiunge – lunedì, come prevede il comma 4, potremo depositare le liste all’ ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Roma, dove normalmente si depositano e dove peraltro la nostra documentazione si trova già». Proprio il primo comma del primo articolo del dl sana la situazione laziale consentendo di presentare le liste il primo giorno non festivo, vale a dire luned dalle 8 alle 16. Il secondo articolo invece accorcerebbe i tempi della campagna elettorale e il terzo e ultimo sarebbe relativo all’entrata in vigore del provvedimento. Circa la non corretta applicazione delle norme a Roma la precisazione arriva direttamente dal Ministro degli Interni Roberto Maroni: «una circolare del ministero dell’Interno stabilisce che il Cancelliere non pu• rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ci• non Š avvenuto». Lunedì intanto si attende la risposta dei giudici amministrativi sulla lista Pdl Roma. Il Tar del Lazio ha fissato per lunedì, infatti, la discussione del ricorso. I tempi della decisione naturalmente saranno brevi. La sentenza, «in forma semplificata», ovvero con abbreviazione dei termini, sarà emessa forse già lunedì stesso. Ma secondo Abrignani il Tar potrebbe dichiarare il ricorso «improcedibile, perch‚ in presenza del decreto i magistrati accerteranno che abbiamo gi… le condizioni per consegnare le liste». A pochi minuti dall’approvazione del dl Renata Polverini si era dichiarata fiduciosa della decisione dei giudici amministrativi: «ci aspettiamo buon senso, una decisione che possa portare tutti gli elettori di questa Regione alle urne, trovando il loro partito e il loro candidato». La candidata del centrosinistra Emma Bonino in serata si è dichiarata preoccupata «perchè si va verso un decreto». Il segretario del Pd Lazio Alessandro Mazzoli promette: «mobilitazione nelle città». E il coordinatore del comitato Bonino Riccardo Milana giudica il dl «una delle pagine più vergognose della storia del paese dal punto di vista giuridico».