NATALE 2009, IL MESSAGGIO INTEGRALE DEL VESCOVO GIUSEPPE PETROCCHI

23/12/2009 di

di GIUSEPPE PETROCCHI *

Natale: Dio si fa uomo, l’eterno entra nella storia. Il fatto che il Signore scelga l’ultimo posto (la misera grotta di Betlemme), non é fortuito, ma voluto.

Cosí, ci dimostra che nessuno puó restare "fuori" dal Suo Amore: Egli, infatti, abbassandosi fino alla povertá estrema, ha raggiunto tutti: pure i piú distanti e anche i peggiori. Infatti, ponendosi sul gradino piú basso, nella scala della condizione umana, non lascia nessuno "dopo" sé, ma permette che, nel diritto ad essere serviti, tutti siano "prima" e "al di sopra" di Lui. In questa Sua "kenosi" (= svuotamento) nessuno potrá uguagliarLo o superarLo. Dalla condizione in cui l’Uomo-Dio si é calato, facendosi solidale con l’umanitá intera, si puó solo risalire. Tale immensa dedizione ci dá la certezza – qualunque cosa abbiamo subíto o fatto – di non sprofondare nel baratro delle nostre negativitá, perché sappiamo che Qualcuno, rimanendo l’Onnipotente, si é giá messo "al di sotto" di noi, per raccoglierci – se vogliamo – e sollevarci.
Dal Signore, che si é fatto "piccolo" per renderci "grandi" (cioé, figli di Dio), desideriamo, in questo Natale, imparare almeno l’alfabeto essenziale nell’arte di essere umili.

Umiltá, parola centrale in tutte le biografie dei santi: una virtú generata dalla Veritá, che si sviluppa solo se viene alimentata dall’Amore. Nasce, infatti, dall’esporsi, senza timore, allo sguardo di Dio, ricco di misericordia: cosí, essa lascia che la Sua Parola ci riveli a noi stessi, manifestando le carenze che ci portiamo dentro, ma anche le straordinarie ricchezze che la Sua Provvidenza ha deposto nel nostro Cuore.
Ognuno di noi, infatti, nel "sottosuolo" della sua personalitá ospita "giacimenti" di risorse buone (coraggio, dedizione, pazienza…), che spesso ignora di avere, ma nasconde anche "serbatoi" di spinte negative (sentimenti ostili, modi di pensare scorretti, atteggiamenti sbagliati…), che si sono formati nel corso degli anni. Spesso siamo noi che, scavandoci dentro, ci imbattiamo in queste "falde profonde", che scorrono negli strati piú interni della nostra personalitá (é questo lo "shock cognitivo" che spiazza proprio coloro che si impegnano a lavorare su se stessi e scoprono, all’improvviso, parti di sé che ignoravano di avere). Altre volte sono gli eventi esterni a "bucare" la crosta che separa questi "depositi psichici" dalla superficie della coscienza: ne vediamo allora comparire, in forme impreviste, i contenuti e i dinamismi, prima custoditi nel mondo segreto della nostra anima.
Quando sono le energie buone a fuoriuscire, si avverte uno stupore piacevole: si tratta, allora, di una gradita sorpresa. Ma quando a sgorgare dai sotterranei della personalitá sono flussi distruttivi (egoismi, ostilitá, rancori, gelosie, desideri repressi e inconfessati, aggressivitá…) si rimane turbati e si fa difficoltá a riconoscere come proprie quelle correnti emotive contrastanti con l’immagine di sé che ciascuno ha delineato nella sua mente.

Va subito precisato che, essendo figlia della Luce, l’umiltá non ha nulla a che fare con l’atteggiamento di autodetrazione, tipico di chi, avendo un basso livello di autostima, denuncia per eccesso i propri difetti e finisce per cedere al disfattismo. L’umile non corre dietro a se stesso, amplificando indebitamente le doti che ha o – all’opposto – lamentando, con toni sviliti, i guai che lo atterrano. Neppure scappa da se stesso, minimizzando le risorse positive di cui dispone o, al contrario, negando la portata reale dei problemi che lo affliggono. Ha, invece, l’onestá di chiamare le cose per nome e di riconoscerle nella loro effettiva proporzione: si fotografa mentalmente cosí come é, evidenziando luci ed ombre, senza ricorrere a filtri interpretativi che distorcono la realtá e disinnesca, senza remore, gli "espedienti emotivi" (come la negazione dei fatti, la rilettura alterata degli eventi…) che molti mettono in atto per tutelarsi dall’impatto con evidenze moleste, che innescano l’ansia.
Insomma, l’umile non si dice bugie per illudersi, ma neppure usa la veritá per farsi male, come capita a chi, utilizzando elementi obiettivi, si svaluta, si deprime e finisce cosí per paralizzarsi, rimanendo vittima di sé. Si apre, invece, con riconoscenza al bene e al bello che fioriscono nella sua vita, pur ammettendo, senza anestetici, che in lui e nella sua storia esistono zone infestate da paludi malsane. E anche quando nella sua anima sembra prevalere la notte – che mai e per nessuno é completamente oscura – non cessa di ringraziare Dio per i raggi di luce che squarciano il buio e mostrano orizzonti di speranza.

L’umiltá é anzitutto confidenza, il che esige la disposizione a non puntare solo su di sé, ma a scommettere tutto su Dio. L’umile, infatti, ha imparato a credere all’Amore: in tutto e sopra tutto. é, nel senso evangelico, un irriducibile ottimista (atteggiamento, questo, completamente diverso dal buonismo ingenuo); perció, nonostante tutto, persevera con fondate ragioni nella speranza cristiana. Anche di fronte alla prova piú devastante non si lascia abbattere, ma, dopo avere confessato le sue fragilitá, proclama, con una voce piú alta di ogni avvilimento, che Dio gli vuole bene e puó salvarlo. Non si rassegna alla sconfitta, perché crede che dopo ogni caduta é possibile, facendo leva sulla sconfinata misericordia di Dio, rialzarsi e risalire la china. Anzi, con astuzia cristiana, impara ad utilizzare le proprie manchevolezze per attirare la tenerezza e la clemenza del Signore. Per questo, non si lascia intorpidire dallo sconforto, ma, proprio nei momenti in cui gli sembra di soccombere alle avversitá, si afferra con maggiore tenacia alla Onnipotenza del Padre celeste, e non molla la presa.

L’umile sa che il Signore si fa trovare, sempre, quando Lo invochiamo davvero: infatti, non siamo stati noi ad esserci mossi verso di Lui, ma é Lui che é venuto da noi. Dal giorno del primo Natale, abita costantemente "nella" nostra storia, perció, se vogliamo, possiamo incontrarLo: "dentro" e "tra" di noi. Tutto sta nel riconoscerLo quando attraversa la nostra quotidianitá, per aprirGli subito le porte del cuore. Il segreto della serena tenacia dell’umile sta nel fatto che si sa amato da Dio: perció, comunque vadano le cose, egli resta nella pace – seppure "sofferta" – perché ció che conta per lui é che, nei sui giorni, si compia il disegno del Signore.

Sul piano relazionale l’umile crede al dialogo sincero e ricorre alla forza della comunione fraterna. All’occorrenza, non solo chiede aiuto, ma sa farsi aiutare. É attento ai buoni consigli e prende sul serio le correzioni. Non é pieno di sé, perció non si mostra ostinato e permaloso; anzi, é lieto di mettersi in discussione e pronto a rettificare il suo modo di agire per farlo collimare con la traiettoria della volontá di Dio.

L’umile, infine, riconoscendo la vicinanza provvidente del Signore, canta ogni giorno il suo "magnificat": la gratitudine avvolge ció che pensa, dice e fa. é contento di rendere gloria all’Altissimo, testimoniando la tranquillitá del cuore, anche di fronte alle tempeste piú furiose e pure quando la sua barca sta lí per affondare, perché é sicuro che la sua esistenza é saldamente tenuta in mano dal Verbo-fatto-carne, che é venuto in mezzo a noi perché avessimo la vita, e l’avessimo in abbondanza.
Carissimo fratello, carissima sorella: se questi sono alcuni tratti costitutivi che, secondo l’"anagrafe" del Regno di Dio, consentono di identificare lo stile caratteristico dell’umile, permettimi di rivolgerti, con semplicitá e sentito affetto, alcuni consigli.

 

Il Natale é il "sí" di Dio detto a noi, una volta per tutte. Perció a Natale siamo chiamati ad essere un "sí" a Dio, modellato sull’"amen" di Maria. Se saremo "icone vive" della Vergine di Betlemme – madre e maestra di umiltá – la pace s’accenderá nel nostro cuore e diventeremo capaci di vivere, da cristiani, la meravigliosa avventura di credere all’Amore!

  * Vescovo di Latina