Polverini a New York, tanti pontini e ciociari

13/11/2010 di
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La memoria di quando «nelle vie di Manhattan si sentivano i jukebox con le melodie italiane» e lo sguardo
ormai global delle seconde e terze generazioni per cui l’identità italiana è una
occasione per fare impresa. Due dei mille volti della comunità laziale a New York
visitata oggi dalla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini.

Migliaia di persone, in particolare dal Frusinate e dal Pontino. Pochi i romani, e non sempre
inseriti nel mondo del comunitarismo nazionale all’estero. Un mondo che però non
dimentica radici e tradizioni. A spiegarlo è Walter Paradisi, di Sora, ex dipendente
Alitalia e anche calciatore nella squadra italiana di New York che oggi dedica il suo
tempo libero alla diffusione dello sport. Segue la politica d’oltreoceano con i
quotidiani online e anche il calcio (juventino, sa a che ora Usa si gioca il match
con la Roma) e ricorda una città che forse non c’è più.

«Dobbiamo dimenticare gli stereotipi dell’italoamericano a New York – afferma – quel
modello non c’è più, i nostri giovani vanno all’università, si dividono tra imprese e
studi accademici». Lui dedica molte delle sue forze alla sua comunità qui ad Harlem.
Ma nel ristorante ‘Gran piatto d’orò di Harlem, dove l’immagine del Bel Paese, tra
musica e foto alle pareti, sembra una fotografia dei tempi passati, ci sono anche
giovani intraprendenti come Marco Evangelista. Ha lanciato una sua società:
«Organizzo dei tour turistici della tuscia. Mi rivolgo a piccoli gruppi, massimo 14
persone. Voglio offrire loro un’esperienza di qualità che i maxigruppi spesso non
possono dare». Al via due anni fa, l’impresa del giovane italoamericano punta oggi
«non solo ai miei connazionali in America, ma anche al pubblico americano che cerca
qualcosa di diverso».

Con tutti loro ha preso il caffè la governatrice Polverini, che ha sottolineato «le
grandi opportunità che i giovani hanno con un mondo così globalizzato. Una mia
parente viveva in Sudamerica. Non avevano molti soldi e per tornare in Italia, un
viaggio faticoso che durava due mesi, la famiglia doveva fare una colletta».
Polverini ha spiegato infine che «creare una rete delle associazioni di laziali
all’estero, magari con gli strumenti comunicativi di un istituzione» può essere
qualcosa di importante«.