Recuperati 1.500 reperti archeologici, 19 arresti

23/01/2015 di

 Oltre 1.500 reperti archeologici recuperati, per un valore di 2,5 milioni di euro, trafugati dai tombaroli in poco meno di due anni in importanti siti archeologici campani, da Paestum (Salerno) a Pompei (Napoli), da Pozzuoli all’Antica Cales (Caserta). È il bilancio dell’inchiesta denominata «Dedalo», coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), che ha portato all’arresto di 19 persone residenti tra Napoli, Caserta, Salerno, Latina e Frosinone.

Tre sono state portate in carcere – si tratta del 58enne Rocco Verrengia, ritenuto l’organizzatore degli scavi, di Angelo Valente di 32 anni e Benedetto D’Aniello di 67 anni, collaboratori del primo e ricettatori di professione – le altre 15, in massima parte tombaroli, sono finite ai domiciliari. In totale sono 43 gli indagati. I reperti erano destinati a finire presso collezionisti privati, qualcuno italiano ma soprattutto spagnoli e americani; i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturali di Napoli, che hanno eseguito le indagini con il supporto dei presidi dell’Arma sul territorio, ovvero la Compagnia di Capua e la stazione di Calvi Risorta, nel Casertano, hanno escluso che i reperti potessero finire in alcuni musei, come accadeva fino a qualche anno fa.

Tra i reperti rinvenuti c’erano due anfore con disegni del pittore greco Assteas risalenti al IV secolo a.C., trafugate a Paestum (Salerno), del valore di circa 1,5 milioni di euro, quattro pannelli affrescati provenienti da una villa romana scoperta a Pompei nell’area della cosiddetta «Civita Giuliana» adiacente agli scavi archeologici, tantissimi reperti rubati nella zona collinare di Pozzuoli e nel Casertano nel sito dell’Antica Cales, area archeologica vasta quasi come quella di Pompei, ma, a differenza di quest’ultima, completamente abbandonata dalle istituzioni.

Le indagini sono partite nel 2011 proprio dall’Antica Cales, quando i carabinieri del posto hanno accertato la ripresa della campagna di scavi clandestini dopo un breve periodo di pausa dovuta ad un’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere sui tombaroli, alcuni dei quali sotto tuttora processo. I tombaroli sono stati filmati in azione con telecamere a infrarossi ed apparecchiature satellitari ed intercettati; in alcune immagini diffuse dagli inquirenti, i cacciatori di reperti vengono ripresi nel momento in cui appongono i cosiddetti «spilloni» nel terreno, ovvero sonde artigianali che permettono loro di capire se nel sottosuolo è presente qualche oggetto archeologico di valore.