Tifoso morto, per De Santis accusa di omicidio volontario

25/06/2014 di

Con la morte di Ciro Esposito cambia, aggravandosi, la posizione di Daniele de Santis, l’uomo detenuto a Regina Coeli in quanto ritenuto colui che sparò al gruppo di supporter napoletani. Non più tentato omicidio, ma omicidio volontario: questa la nuova ipotesi di reato contestata all’ex ultrà romanista. Il pm, Eugenio Albamonte, titolare dell’inchiesta giudiziaria, dovrà oggi, tra l’altro, nominare il medico legale al quale sarà affidato l’incarico di eseguire l’autopsia su Esposito.

Ciro era stato operato per l’ennesima volta al polmone devastato dal proiettile giovedì scorso. La decima operazione, tra speranze e complicazioni. Era in dialisi e con un’attività epatica non pienamente efficiente. Ieri la situazione è precipitata per un’infezione polmonare e al Gemelli hanno iniziato ad accorrere da Napoli e da altre città, anche del nord Italia, amici e parenti. Il padre, Giovanni Esposito, la madre e la fidanzata Simona non si sono quasi mai allontanati in questo lungo periodo. Verso ora di pranzo un sacerdote, padre Mariano, cappellano dell’ospedale Cristo Re, dà l’unzione degli infermi a Ciro. Il padre Giovanni è sfiancato dal dolore, ma più tardi rifiuterà una visita del sindaco Ignazio Marino perchè «è un indegno, in 50 giorni non si è mai fatto vedere, ora non lo vogliamo». Marino manderà dei suoi rappresentanti. La fidanzata Simona resta quasi tutto il pomeriggio fuori, fuma e ogni tanto piange. Al reparto arrivano in visita Giorgio e Cristiano Sandri, padre e fratello di Gabriele, tifoso della Lazio ucciso da un poliziotto nel 2007. Per una strana coincidenza un amico di De Santis ha la madre con il femore rotto allo stesso piano. «Sono amico di Daniele, ma mi dispiace per quel ragazzo», dice. ‘Gastonè potrebbe essere trasferito dall’Umberto I a un reparto ospedaliero protetto, nel timore di ritorsioni.

Quello che si teme ora è la vendetta degli ultras napoletani. Per questo le forze dell’ordine nella Capitale sono in allerta e sono monitorate stazioni, autostrade e luoghi della tifoseria romanista. Ma la famiglia vuole solo “giustizia, non vogliamo che il nome di mio nipote sia usato per altre violenze – dice lo zio – Ma il questore e il prefetto di Roma devono dimettersi. Quel fascista di De Santis ha sparato, ma mio nipote è rimasto un’ora per terra senza soccorsi”.