L’ultrà fanatico che sfida gli avversari, solo e armato

04/05/2014 di

L’altro match. Una sfida che lui, ultrà di vecchia data, voleva affrontare da solo contro un gruppo di decine di tifosi napoletani. Il gesto di Daniele De Santis, l’ultrà romanista di 48 anni arrestato per tentato omicidio di tre tifosi napoletani ieri nei pressi dell’Olimpico, è un puzzle di violenza e fanatismo ricostruito attraverso testimonianze e telecamere. Una dinamica «semplice e folle», come è stata definita dal capo della Digos, Diego Parente.

Ieri, nel tardo pomeriggio, una fila di pullman stracolmi di supporter partenopei attraversava viale Tor Di Quinto diretti allo stadio per la finale. A piedi, invece, c’erano gli altri tifosi in corteo. Immagini che per De Santis, appena uscito dal chiosco dei campetti di cui è gestore, erano solo una miccia da accendere. E l’ultrà, che era con altri suoi due amici, lo ha fatto nel modo più rumoroso possibile. Inveiva e lanciava da solo petardi e fuochi d’artificio che hanno attirato l’attenzione del gruppo di napoletani a piedi. In pochi secondi decine di individui, molti incappucciati, sono tornati indietro avvicinandosi con spranghe al ‘disturbatorè. I suoi amici sono invece scappati. E l’ultima difesa dell’ultrà giallorosso è stata la sua beretta 7×65 con matricola abrasa: cinque colpi di pistola andati a segno quattro volte, con tre persone finite a terra. Uno di questi ha trafitto Ciro Esposito al torace perforando il polmone e conficcandosi nelle vertebre. De Santis ha cominciato a scappare ma è scivolato e la sua pistola, scarrellata e con un colpo inesploso, è finita a terra. Contro di lui, ormai a terra, si è scatenata la vendetta. Calci e sprangate, fin quando qualcuno è riuscito a sottrarlo al pestaggio e a far sparire la pistola per gettarla in un vaso, evitando il peggio. Sul campo di battaglia c’erano quattro persone a terra: tre tifosi napoletani e un ultrà romano. La tensione aumentava in attesa dell’ambulanza. E sono cominciati gli scontri con la polizia: ultimo anello di una reazione a catena innescata dalla provocazione dell’ultrà romanista. A farne le spese stavolta è stata una funzionaria di polizia, ferita ad una mano. I tre tifosi napoletani feriti dai proiettili esplosi da De Santis sono stati invece arrestati per rissa. Un inferno scatenato «dopo l’episodio degli spari contro i tifosi napoletani, mentre prima non c’erano stati scontri di rilievo», puntualizza la questura. «In altre zone – hanno spiegato – ci sono stati momenti di tensione, ma gli spari non sono stati conseguenza di episodi pregressi». Proprio dopo i colpi di arma da fuoco, invece, «si è realizzata una situazione di ordine pubblico gravissima, con le forze dell’ordine attaccate in quanto accusate di non fare arrivare in tempo i soccorsi. Parliamo – ha aggiunto il questore di Roma, Massimo Maria Mazza – di ultras, non di educande che vanno a vedere una partita di cricket». Si è trattato dunque del «gesto di un singolo, non c’entra la tifoseria della Roma», secondo il questore di Roma, Massimo Mazza, sottolineando che «nè i tifosi della Roma nè quelli della Lazio si sono mai materializzati sulla scena». Ma c’è chi tra i tifosi napoletani parla di «un agguato degli ultrà della Roma, ci hanno aspettato, avevano bombe carta ed hanno sparato diversi colpi di pistola – spiega Gennaro Foria, napoletano 50 anni – . Eravamo appena scesi dalle auto. Abbiamo sentito i colpi di pistola e le bombe carta che esplodevano. I romanisti erano parecchie decine». Ma le polemiche con la questura hanno riguardato anche la presunta trattativa con il capo ultras ‘Genny ‘A carognà per l’inizio della finale ieri. «Non c’è stata alcuna trattativa con gli ultras del Napoli. Mai pensato di non far giocare la partita», ha detto il questore di Roma Massimo Mazza, spiegando che è stato solo accordato al capitano del Napoli di informare i tifosi sulle condizioni dei feriti, «perchè cominciavano a girare voci infondate sulla morte del trentenne ferito e addirittura su quella di un bimbo».