Microspia Polverini, si segue la pista interna

13/04/2011 di

La pista ormai sembra quella interna. O comunque le indagini puntano anche a stanare la talpa che sapeva dell’affaire-microspie. E che era informata anche delle due intrusioni notturne ad opera di sconosciuti avvenute il 3 e il 18 marzo, quasi in concomitanza con i tentati furti in casa Polverini. Insomma qualcuno sapeva e nei prossimi giorni dai pm ci saranno una serie di audizioni. Intanto i sindacati lanciano accuse pesanti. «Il braccio destro della Polverini, Luca Fegatelli, era a conoscenza dei fatti sapeva delle due intrusioni sospette avvenuti le notti del 3 del 18 marzo scorso negli uffici della Regione Lazio». Il segretario territoriale della Fisascat-Cisl, Mauro Brinati, punta il dito contro il capo del Dipartimento Istituzionale e del territorio, Luca Fegatelli, insomma il dirigente che si occupa degli affari interni dell’ente. E ha depositato oggi in Procura una informativa sui due ingressi di persone sconosciute avvenute nelle scorse settimane in Regione. Secondo il sindacalista, uno degli uomini più vicini alla Polverini sapeva di quanto avvenuto. «Fegatelli – spiega Brinati – ha disposto il trasferimento dei vigilantes che poi hanno raccontato ai sindacati degli ingressi notturni negli uffici. Ovviamente Fegatelli non era l’unico a saperlo». E suggerisce anche che il tentativo di spionaggio non punta all’affare sanità ma al business «della vigilanza e delle pulizie». In serata Luca Fegatelli ha replicato con una nota alle accuse rivoltegli da Brinati sostenendo che «le uniche intrusioni delle quali» è a «conoscenza sono quelle relative alle centinaia di persone che liberamente accedevano al palazzo in questi mesi, utilizzando badge anonimi, e nei confronti delle quali sono stati già presi i dovuti provvedimenti. Non sono assolutamente a conoscenza di eventuali altre intrusioni. Inoltre è doveroso sottolineare che non ho alcun potere di intervento sulle postazioni dei vigilantes». Sulle due intrusioni, Cgil, Cisl e Uil presentarono un esposto alla questura alla Questura, all’Arma dei Carabinieri alla Guardia di Finanza, alla Prefettura ed ai rappresentanti della Regione. «Sia il 3 che il 18 marzo – è scritto nell’esposto – rispettivamente alle 23,50 e alle 23,10 si sono presentati presso la sede della Regione Lazio un tenente ed un appuntato dell’istituto di vigilanza Roma Union Security i quali ordinavano a tutte le persone in servizio di abbandonare le rispettive postazioni assegnate, di non effettuare i previsti giri periodici di controllo e di radunarsi al piano terreno dello stabile. Nel frattempo facevano accedere quattro persone sconosciute ed in borghese, prelevavano le chiavi degli uffici tra cui la chiave della Presidenza, vi accedevano e vi si trattenevano per oltre due ore e quaranta minuti». Poi il suggerimento del tenente e dell’appuntato ai vigilantes di non «fare menzione a nessuno dell’accaduto». Ma alcune guardie giurate, poi trasferite, riferiscono tutto ai sindacati e così nasce l’esposto dell’8 marzo. Ventiquattro ore dopo viene effettuata la bonifica degli ambienti che porta al rinvenimento di microspie e una microcamera. La Digos ha iniziato ieri le audizioni proprio dai vigilantes. Gli inquirenti stanno raccogliendo anche le testimonianze di impiegati regionali che avevano accesso agli uffici e di responsabili della sicurezza. È fissato, intanto, per domani un sopralluogo che il pm Nicola Maiorano effettuerà negli ambiti dove sono state individuate le tre microspie e una microcamera. Il magistrato, inoltre, attende l’esito della consulenza tecnica disposta sugli apparecchi per capirne tipologia, casa produttrice e raggio d’azione. In base ad una prima analisi sembrerebbe che almeno una delle cimici sarebbe stata collocata negli uffici regionali «non di recente». Per ora i pm procedono per installazione abusiva di apparecchiature idonee ad intercettare e interferenza illecita nella vita privata.

  1. Quando questi berluscones non sanno più come giustificare il fallimento delle loro amminstrazioni, ricorrono, alle armi di distruzione di massa. Le più diffuse sono i finti attentati, i finti sganassoni in faccia, e le finte microspie, cosi non solo stornano l’attenzione dell’opinione pubblica dal loro mal governo ma, a buon bisogno, passano anche per martini. Tanto i peones filo beluska abboccano sempre.