Lasciata dal fidanzato, ragazza si impicca a scuola

05/02/2011 di

Angelo era uscito con lei qualche volta l’anno scorso poi non si erano più visti. «Lei mi cercava. Ma a me non interessava tanto», dice ora. Una piccola ferita, come capita a quell’età e anche dopo, se davvero è andata così. Qualche mese ancora e stamattina la ragazzina polacca si è impiccata nel bagno della scuola. Perché dopo Angelo, è arrivato “l’altro”, quello che sembra le abbia spezzato il cuore. «Mi ammazzo perché lui mi ha lasciato per un’altra», ha scritto in una lettera, come le donne dei romanzi o delle cronache di una volta. Ma avrebbe fatto appena 18 anni a giugno. Monterotondo – 30 km da Roma, in equilibrio su una collina – non si è svegliato da molte ore quando si viene a sapere: all’Istituto professionale Marco Polo hanno trovato una studentessa impiccata con una corda in bagno. Sono già passate le 9, prima ora di lezione. I bidelli chiamano le professoresse, due colleghe di educazione fisica corrono e tentano il massaggio cardiaco, mentre arriva il 118. «Pare sia morta…», dice Marika Ferrari, una docente che l’ha soccorsa, e cerca di non piangere, senza riuscirci. La studentessa, che frequentava una delle classi ad indirizzo turistico, muore prima di arrivare in ospedale. Diversi compagni la vedono per terra, al secondo piano, al collo la fune presa dalla palestra. Qualcuno si sente male. Lei era carina, unica figlia di una coppia di polacchi. Lo dicono i ragazzini davanti alla scuola e la foto su Facebook. Bionda, lineamenti regolari, occhi chiari, piercing sul labbro. Ma si sentiva grassa, era fissata con le diete, racconta Antonio, che era suo amico ma la vedeva di meno da quando aveva lasciato gli studi, due anni fa. «Era seguita da uno psicologo, la scuola ha fatto tutto il possibile», dice un’altra prof a un gruppo di studenti. «Il problema è l’anoressia», butta lì prima di allontanarsi. Il preside, Gabriele Martinelli, non conferma nè l’una nè l’altra cosa. «Una bella ragazza, andava bene a scuola, era seguita dai genitori», sintetizza a fatica, paziente e sconvolto. I genitori sono davanti all’ospedale. La madre è imprigionata in un giubbotto impermeabile viola e crema. Casalinga, sulla quarantina, corpulenta, piange disfatta e fuma su una panca addossata al muro del pronto soccorso. È circondata dalle sue amiche e dalle compagne della figlia. Il padre, biondo anche lui e magro, fa il tecnico in una concessionaria auto della zona. Ha ancora addosso il giaccone della ditta e la tuta da lavoro. Come i due colleghi che gli sono vicini. Uno è polacco. «Siamo qui da vent’anni – racconta -. La figlia l’ho vista crescere». Gli adolescenti cercano di proteggere papà e mamma dell’amica morta dai cronisti. «Voglio dire solo una cosa: che la vita umana è preziosa», dice una brunetta in lacrime. Resterà per ore accanto alla madre. Due gemellini biondi, figli di amici della famiglia della ragazza, giocano vicino alla donna: chissà cosa pensa in questo momento, se sono più ricordi o sogni svaniti. Neanche tre ore e sulla cancellata del Marco Polo c’è già uno striscione. ‘Dio ha un nuovo angelo. Il nostro angelo…’, e il nome della compagna morta, nero su sfondo blu. C’è la tv e un sole indifferente a tutto.