Roma, torna in piazza la sinistra ma il Pd si divide

17/10/2010 di

La Fiom riporta in piazza la sinistra. Una sinistra lontana dal centro e divisa al suo interno, ma che rivendica ad una sola voce la rappresentanza del mondo del lavoro. Sinistra e libertà, Federazione della sinistra, Italia dei valori e anche un pezzo di Partito democratico sfilano tra le bandiere rosse della Cgil. Quella di piazza San Giovanni «è una voce che va ascoltata», dice a fine giornata Pier Luigi Bersani, che però dalla piazza è costretto a tenersi lontano per le divisioni del suo partito. E mentre Pier Ferdinando Casini dall’Udc sentenzia che chi è in piazza è «fuori da un disegno di governo riformista alternativo a Berlusconi», ancor più netto è il ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Quella di oggi è una Italia minoritaria che deve restare minoritaria» ed è «inadatta a governare». Sacconi rinchiude chi manifesta con la Fiom nel recinto di quella «Italia che può essere opposizione democratica, ma è assolutamente inadatta a fare parte di coalizioni di governo». Sacconi «continua a fare il talebano e a dimostrare tutta la sua carica ideologica contro i diritti dei lavoratori», taglia corto Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd. E Nichi Vendola (Sel), stretto tra i lavoratori di Pomigliano che lo acclamano, replica puntuto: «Sono loro inadeguati a governare. Hanno portato il Paese verso la miseria». Si ritrovano tutti sotto il palco di piazza San Giovanni, i leader della sinistra extraparlamentare. Ci sono Oliviero Diliberto (Pdci) e Paolo Ferrero (Prc), con quest’ultimo che lancia la proposta di una «piattaforma programmatica» da cui la sinistra unita possa aprire il dialogo con il Pd. Ma il progetto appare di difficile realizzazione, perchè da un lato Antonio Di Pietro sembra rivendicare l’originalità dell’Idv come «partito post ideologico» che sa stare in mezzo ai lavoratori, snobbando il sottopalco ed andandosi ad accomodare tra i suoi militanti, al gazebo bianco del partito. E dall’altro lato Vendola conduce ormai una partita in solitaria, da papabile leader del centrosinistra. Non è un caso del resto che Casini, pur bocciando in toto il «populismo» di Di Pietro, lasci aperto uno spiraglio per Vendola, «con cui ha un rapporto corretto». Ad ogni modo, dalla piazza della Fiom i moderati del centrosinistra sono lontani. E dalla maggioranza ha buon gioco ad evidenziare la frattura chi, come il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, parla del «rilancio dell’estremismo politico e del massimalismo sociale» in cui si riconoscere «anche una parte del Pd». Sfilano alla spicciolata tra le bandiere della Cgil, tra gli altri, Sergio Cofferati, Cesare Damiano e Ignazio Marino. Bersani non c’è perchè, spiega il responsabile Economia Stefano Fassina, deve rappresentare la «sintesi» nel partito. E quindi anche quella componente centrista che dalla piazza si tiene ben lontana. Ma il messaggio che Bersani invia in serata è chiaro: «L’unità del mondo del lavoro è una energia indispensabile per costruire un’alternativa di Governo». Il Pd di Bersani, come spiega in piazza Fassina, non abbandona insomma la Cgil, ma si propone come interlocutore per il dialogo tra tutti i sindacati confederali. «È illusorio pensare di costruire l’alternativa senza questa piazza», dice Rosi Bindi. Ma i mal di pancia nel partito non si placano. Come testimoniano le parole di Francesco Boccia contro «le anime belle, gli opportunisti col vitalizio che cercano di rientrare in Parlamento attraverso le sofferenze dei lavoratori».