Camerata Neandertal, il fantasma di Finestra nel nuovo libro di Pennacchi

11/11/2014 di
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pennacchi-camerataneandertal-libro«Si scrive Neandertal senza acca; chi ci mette l’acca sbaglia perchè è vero c’era in antico, quando ne scoprirono i primi resti in Germania nel 1856 nella valle detta allora di Neanderthal, vicino Dusseldorf. Ma nel tedesco moderno l’acca è caduta e non c’è più, si dice Neantertal anche la valle – adesso e l’acca è rimasta solo nelle declaratorie scientifiche…».

“Camerata Neandertal, libri, fantasmi e funerali” è il romanzo più dolente e partecipato di Antonio Pennacchi, costruito come un percorso autobiografico attraverso la memoria. Non è un sequel, anche se fa parte del ciclo Canale Mussolini (che ha vinto il premio strega nel 2010) e Palude, ma è un romanzo che vive da solo, bello, ironico, eccessivo come il suo autore, e amaro allo stesso tempo, è la storia dell’Italia che non c’è più ma è sempre quella, ci sono i comunisti i fascisti, di ieri e di oggi, i fantasmi e una padronanza del narrare, quella di Pennacchi che è sempre e solo sua.

Popolato da fantasmi: dall’ex sindaco appunto missino Ajmone Finestra – il Federale di Latina, motore delle vicende narrate in Palude e nel Fasciocomunista – agli operai che di Palude decisero lo svolgimento; da Carlo Alberto Blanc, paleontologo, la cui ossessione e curiosità divengono le stesse dell’autore nelle Iene del Circeo, ad Aldo Dapelo padrone della Fulgorcavi narrata in Mammut, fino al fratello Gianni giornalista, che considerava suo Canale Mussolini ma morì senza riuscire a leggerlo dopo esser caduto, nel 2009 da una scaletta a libretto per prendere gli addobbi natalizi. Gianni che aveva convinto Antonio nel 1968 a lasciare i <fasci> per andare con i comunisti (e che ha ispirato il personaggio nel film Mio fratello è figlio unico). Gianni che <aveva girato tutto il mondo in Guzzi> e che voleva bene a suo fratello più piccolo: <Ma io gli volevo bene da fratello a fratello. Lui, invece, come a Venerdì. Lui Robinson e io Venerdì> «Il suo funerale, Ajmone Finestra se lo era preparato con cura. Era stato le notti intere, in ospedale, a svegliarsi ogni tanto di soprassalto dall’incipiente coma e svegliare quindi istantaneamente anche il povero Stefano Gori che insieme ai figli dormicchiava su una sedia».

antonio-pennacchi-latina-048256245621«L’unica nota stonata furono i saluti romani. Io glielo avevo detto di non farli, lo sapevo che i suoi nemici si sarebbero attaccati come farisei – per giorni e giorni, sui giornali a quei quattro “presente!” Con le braccia alzate. Ma a lui che fregava? Lui orami stava nel Valhalla. E quando ero uscito dalla chiesa – tra i primi per evitare la ressa …mi si era gelato il sangue (…)». «No gli dicevo io è un rompergli i coglioni quello è morto, poverino… L’inferno di questo mondo, ormai lo vede dall’altra parte e prima se ne distacca del tutto, prima sei ricongiungerò nell’uno. Tu invece che fai gli dici presente! torna qua! ricomincia a combattere insieme a me? Ma vaffalippa, va!». «Comandante Ajmone Finestra!». «E loro, un rombo solo: presente!». (…). «E e io di nuovo, ridendo: sti cazzo di fasci». È il caso del «Cranio del Circeo», lo spunto per parlare del paleontologo Carlo Alberto Blanc, che a forza di ispezionare i mille cantieri di bonifica delle ex paludi, buttandosi su «ogni zolla, fosso o canale che venissero scavati», aveva trovato tracce dell’uomo di Neandertal. Era il 26 febbraio 1939 e quel cranio, diventato una celebrità, non poteva certo immaginare che pochi giorni dopo, le truppe tedesche sarebbero entrate a Praga e il 1 settembre avrebbero invaso la Polonia decretando l’inizio della II Guerra Mondiale.

funerale-ajmone-finestra-foto-marco-cusumano-536752354Il filo conduttore di Camerata Neandertal è la memoria, quella che per Pennacchi è indispensabile per comprendere se stesso, il suo Cursus honorum privato e professionale, che per l’autore sono la stessa cosa. «Nel frattempo però – la vita cammina – lavoravo alla scrittura di Canale Mussolini, che dopo tanto tentennare avevo finalmente ripreso a luglio di quell’anno 2009. E stavo procedendo a tamburo battente. Ai primi di dicembre – mentre lo stavo terminando – muore però mio fratello Gianni». A casa mia si è sempre trovato bene: «Mi piace sta casa, » diceva per questo, forse è continuato a venirci anche da morto: « fammi andar là che ci si sta bene». Attraverso queste storie Pennacchi racconta in realtà sè stesso e la propria formazione come uomo, come intellettuale dal basso e come scrittore. Un romanzo dove realtà e finzione si intrecciano e si fondono, coinvolgendo il lettore in un viaggio, spesso esilarante, fra letteratura e vita.

  1. Pennacchi ,ma quando la smetterai di scrivere caz..te? i tuoi libri sono meno che spazzatura,vai a ripiantare qualche albero almeno ripristini la carta consumata per quelle oscenita’ che chiami libri