La storia/Gli operai licenziati si “riprendono” la fabbrica Evotape

13/01/2014 di
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Hanno perso il lavoro e, allo stato di cassintegrati, hanno preferito rimettersi in gioco costituendo una cooperativa rilevando parte dell’azienda fallita. La storia arriva dal comune di Santi Cosma e Damiano alla punta estrema della provincia di Latina, a pochi metri dal Garigliano che segna il confine con la provincia di Caserta e, quindi, con la Campania. È lì, in via Portogaleo, strada caratterizzata da tanti capannoni chiusi e dismessi, che un gruppo di 50 operai ex dipendenti della Evotape, si sono rimboccati le maniche e hanno rimesso in moto una parte dell’azienda fallita.

LA STORIA. Il 19 aprile 2012 il tribunale di Latina dichiara il fallimento della Evotape e il 4 giugno, 50 dei lavoratori rimasti senza lavoro, hanno rinunciato alla Cassa integrazione in deroga e hanno costituito una cooperativa, la Mancoop, che ha presentato al giudice fallimentare un progetto che prevedeva l’utilizzo di una porzione dello stabilimento per tornare a produrre e, quindi, a vendere nastro adesivo per imballaggi.

«Un tempo, questa azienda era leader europea nella produzione di nastri adesivi ed è arrivata a contare anche 500 dipendenti», dichiara il presidente della Mancoop Erasmo Olivella tra i promotori dell’iniziativa che oggi, dei 50 soci, conta 25 assunti full time e 25 part time. «In passato qui entrava materia prima e usciva nastro adesivo. Oggi il progetto che ci è stato riconosciuto valido riguarda solo la parte finale della produzione», ha aggiunto. Da grosse bobine di nastro da imballaggi acquistate da quelli che un tempo erano il loro competitor, ne ricavano tagli più piccoli a seconda delle commesse. «Avevamo professionalità sul campo che non potevano essere disperse. Sapevamo che la crisi dell’azienda non era dovuta al nostro livello professionale ma ad aspetti finanziari e, per questo, abbiamo deciso di andare avanti», ha spiegato ancora. I fatti danno loro ragione dato che in poco meno di un anno il loro fatturato ha già superato il milione di euro, cifra non esorbitante, ma comunque che fa ben sperare in un futuro diverso.

«Non vogliamo soldi, chiediamo solo che i nostri progetti vengano serenamente valutati. Chiediamo di ampliare l’utilizzo dello stabilimento per il quale, con grandi sforzi, abbiamo già realizzato un investimento da 150mila euro per ottimizzare il consumo energetico. Ci sono grossi capannoni enormi che vorremmo trasformare in polo della logistica considerando la vicinanza del porto di Gaeta e di importanti arterie stradali come la Domiziana e la superstrada Cassino Formia. Inoltre la distesa di tetti potrebbe essere utilizzato per produrre energia elettrica con i pannelli solari. Tutte iniziative che permetterebbero di far crescere il numero dei lavoratori».

Una sorta di Araba Fenice, quindi, con prospettive di crescita e sviluppo invisibile, però alle autorità locali e regionali. «Gli amministratori locali e regionali parlano tanto di sviluppo e di lavoro, nessuno è venuto ad incoraggiarci in questa iniziativa che è servita anche per far risparmiare allo Stato i soldi delle nostre Casse integrazioni. Per questo invitiamo il presidente Nicola Zingaretti a venire a scoprire il nostro modello che siamo sicuri può essere applicato in tante altre situazioni simili alla nostra», ha concluso.

  1. Sono molto fiero di voi sono un paesano, alla faccia di chi parla male del sud. Vi voglio su tutti i giornali. BUON LAVORO