Forconi, tutte le anime del movimento

17/12/2013 di
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La divisione nei Forconi è consumata e l’ala più moderata da una parte lavora a una due giorni a Roma e iniziative di protesta non convenzionali, dall’altra spera in un segnale del governo che si traduca in qualcosa di concreto. Lo stato delle cose resta comunque fluido e imprevedibile.

Al punto che ieri, senza citare direttamente la protesta dei Forconi, al termine di una giornata segnata anche da proteste degli studenti e scioperi, è intervenuto il Capo dello Stato Giorgio Napolitano chiedendo «massima attenzione» a coloro che vivono nel «disagio» e che «può farsi coinvolgere in proteste violente, in uno sterile moto di opposizione totale», e sottolineando nel contempo che «la crisi ha messo a dura prova la coesione sociale» e «le più elaborate previsioni 2014 segnalano un rischio diffuso di tensioni e scosse sociali: un rischio che deve essere tenuto ben presente e fronteggiato».

All’interno del variegato mondo dei Forconi, come ormai viene definito con una semplificazione giornalistica, l’autotrasporto è una fetta importante e questa categoria, ben identificata e con specifiche richieste da porre, ha un canale attivo con l’Esecutivo.

Oggi è in programma un tavolo tra le sigle di settore e il sottosegretario alle Infrastrutture Rocco Girlanda. Un incontro convocato da tempo, ma che ora diventa uno snodo significativo dalla valenza più ampia. «Abbiamo un dialogo aperto con gli autotrasportatori, anche quelli che hanno scioperato con i forconi», spiega infatti lo stesso Girlanda. «Nei giorni scorsi ho sentito i tre principali esponenti del movimento dei forconi», aggiunge il sottosegretario, che però ammette: «Questo è un governo che dialoga», ma «con la formazione di tutte queste sigle si è generata confusione» e «anche se non dipende direttamente da me, finchè c’è questa situazione di protesta credo che non si possa dialogare».

I Forconi che fanno capo a Mariano Ferro, agricoltore siciliano, e a Lucio Chiavegato, artigiano veneto, un passo lo hanno fatto: hanno annunciato che mercoledì non verranno alla manifestazione per timore di infiltrazioni (anche se il leader «dissidente» Danilo Calvani, agricoltore di Latina, che invece sarà in piazza, garantisce che «Casapound e Forza Nuova non manifesteranno con noi» e che «non ci saranno cortei»). I due leader, quindi, hanno preso le distanze da ogni possibile strumentalizzazione di frange violente o estremiste.

Proprio ieri, tra l’altro, Simone Di Stefano, vice presidente della formazione di estrema destra CasaPound, che si è detta vicina ai Forconi, è stato condannato a tre mesi per il furto della bandiera Ue dopo il blitz di sabato. Questo «no» alla violenza, suggerisce il leader della Cisl Raffaele Bonanni, va raccolto. Al di là dell’opportunità, il più è vedere come. Quello che manca è un interlocutore chiaro e un meccanismo di rappresentanza accertato.

Nel movimento dei Forconi e nel «Comitato 9 dicembre» che fa ormai da contenitore comune, c’è un popolo accomunato dalla richiesta di meno tasse, ma il meccanismo tradizionale della rappresentanza è saltato. Loro, però, sono decisi a farsi sentire. Oltre ai presidi in diverse parti d’Italia – che in Veneto e in Friuli hanno prodotto anche oggi code sulle strade – in cantiere c’è un due giorni a Roma, forse già in settimana, con l’obiettivo di portare nella Capitale 100-150mila persone per giornata che formino dei «serpentoni» pacifici e silenziosi per la città. «Non vogliamo creare nessun disagio – dicono gli organizzatori – la nostra vuole essere una passeggiata pacifica, non un corteo, con lavoratori, famiglie, bambini, pensionati, anche disabili». Ma si studiano anche strategie di protesta non convenzionali: dal ritiro in massa di somme importanti dai conti in banca allo stop del rifornimento carburanti, alla restituzione dei documenti allo Stato come a dire «non siamo più cittadini italiani, ora vediamo come fa Equitalia a farci i sequestri».