Clan Mallardo, sequestri anche a Latina

19/06/2013 di
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Patrimonio aziendale e relativi beni di 15 società, con sede nella provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna (6 operanti nel settore delle costruzioni di edifici, uno nel commercio di porcellana, due in quello di autoveicoli, tre nell’intermediazione immobiliare e tre nell’alberghiero e della ristorazione); 174 unità immobiliari (nella provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna); 25 tra auto e moto(tra cui 3 autovetture d’epoca); rapporti bancari, postali, assicurativi, azioni. Questi i beni posti sotto sequestro dalla guardia di finanza per un valore complessivo stimato in oltre 65mila euro nei confronti di affiliati al Clan Mallardo, legato da tempo ai Casalesi: i fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, a Vittorio Emanuele Dell’Aquila, Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario del Giovanni Dell’Aquila, per conto del quale avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio.
Il dato è emerso nel corso di una conferenza stampa sull’operazione «Bad Brothers» presso la sede del Nucleo di Polizia Tributaria, cui hanno preso parte il procuratore Giuseppe Pignatone, il Tenente Colonnello Gavino Putzu, il Tenente Colonnello Gerardo Mastrodomenico, il capo del nucleo Cosimo Di Gesù. I sigilli sono stati posti sulla base di un provvedimento del Tribunale di Latina: mentre i reati erano svolti in Campania, gli investimenti erano nel Lazio con base a Fondi e Terracina. Le indagini, coordinate dai pm Barbara Sargenti, Maria Cristina Palaia e Lina Cusano, sono state avviate nel 2012 ed hanno consentito di accertare, anche tramite le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, la costante ed inarrestabile ascesa, nelle Provincie di Latina e Napoli ed in parte anche in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila. Il Clan in questione nel tempo aveva orientato la sua attività, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, anche al controllo di attività economiche di rilievo. Ciò attraverso la partecipazione finanziaria in società o con estorsioni. Tale impegno ha permesso di potenziare le capacità del gruppo, esteso anche oltre il territorio di stretta competenza criminale, arrivando ad operare anche nel Lazio. Insomma avevano realizzato quella che è stata definita anche da pentiti una vera e propria «impresa camorristica»: non imponevano il pizzo, ma gli esponenti di rilievo di tale organizzazione camorristica entravano «di fatto» in società con gli imprenditori che davano una parvenza di liceità all’attività economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni, riuscendo, contestualmente, a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività delittuose.
Partendo da tale assunto le fiamme gialle hanno svolto cento accertamenti economico-patrimoniali, nei confronti di altrettante persone fisiche e giuridiche, finalizzati all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati. Da ciò la conferma che i «bad brother», grazie all’ausilio dei membri dei loro nuclei familiari nonché di numerosi «prestanome», tutti a vario titolo coinvolti in procedimenti penali di camorra, avevano organizzato un’articolata holding imprenditoriale, composta da numerose società, attraverso le quali hanno effettuato numerosi ed ingenti investimenti commerciali, principalmente nel settore delle costruzioni edilizie, il tutto per conto dell’organizzazione malavitosa di stampo camorristico. A fronte di tale attività, però, nulla emergeva dalla dichiarazione dei redditi. Tale sproporzione, ha permesso di arrivare alle confische dei beni. Nel gennaio 2011, i fratelli Dell’Aquila sono finiti in carcere e poi rinviati a giudizio dal Tribunale di Napoli.
  1. Bene. Dovrebbero agire anche contro il mafioso nazionale che per vent’anni ha arricchito i delinquenti , gli evasori fiscali, gli affaristi e le zocc*le di alto bordo. Spero che oggi venga interdetto una volta per sempre.