FOTO Cane Lucky, minacce di morte su Facebook. Gli autori rischiano una denuncia

18/08/2018 di

Come spesso accade i social network amplificano la parte peggiore di noi. Oppure, guardando la questione con maggior pessimismo, semplicemente mettono in evidenza aspetti che mai avremmo immaginato. Nel caso del cane Lucky c’è tutto il peggio dei social e del generale abbrutimento di questo periodo storico.

L’iniziale, lodevole, mobilitazione per chiedere giustizia per il cagnolino barbaramente ucciso, ha lasciato spazio ben presto all’odio più istintivo e brutale che forse solo il web riesce a palesare in maniera tanto evidente.

E così, specialmente dopo l’arresto del presunto responsabile accusato anche (soprattutto) di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale (altrimenti non sarebbe mai stato arrestato), sul web abbiamo assistito a qualcosa che va ben oltre la solita “gogna social”.

Decine, forse centinaia, i messaggi contro il 59enne: si va dalle minacce di morte, all’augurio di malattie gravi come il cancro, passando per “lunghe e atroci sofferenze” e gli avvertimenti come “non farti vedere in giro altrimenti ti uccido“.

Una violenza verbale frutto senz’altro di un’onda emotiva che di certo non può esserne giustificazione. Addirittura la pagina Facebook “Io sto con Lucky” (visibile a tutti) ha pubblicato la foto di un uomo con la pistola alla nuca con la scritta eloquente “la galera è poco, mi auguro che qualcuno ti riservi qualcosa di veramente speciale dove sei ora“. E sotto oltre 120 commenti più o meno sulla stessa linea, alcuni li potete leggere negli screenshot in basso.

Cosa rischiano queste persone che, in alcuni casi ingenuamente, danno sfogo alla propria rabbia in maniera così violenta? Sicuramente i reati di minacce, istigazione a delinquere o apologia di reato. Questi ultimi due reati, se sono commessi su internet, prevedono l’aggravante con conseguente aumento della pena.

Secondo la Cassazione (sentenza n. 24103/17 del 15.03.2017) non è sufficiente che il messaggio sia comunicato in una chat privata, ma deve essere leggibile da tutti, come nel caso di un post su Facebook, un articolo su un sito o un commento su un articolo apparso su internet da una pagina accessibile a tutti senza restrizioni. Esattamente come nel caso della pagina pubblica “Io sto con Lucky“.

In questo caso, inoltre, le minacce e le offese sono indirizzate a una persona indicata con nome e cognome per esteso. Nome che non doveva essere pubblicato visto che l’indagine per maltrattamenti, atti osceni e violenza sessuale vede coinvolte, come vittime, anche minorenni. Pubblicando il cognome dell’arrestato è stato possibile identificare agevolmente anche i familiari, vittime delle sue stesse violenze.

Si tratta di regole di deontologia professionale che dovrebbero essere basilari per ogni giornalista ma che purtroppo, anche in questo caso, sono state ignorate da molti.

INSULTI E MINACCE SU FACEBOOK: