Alessandro, 21enne di Latina: Così ho scelto di fare il missionario in Egitto

29/07/2018 di

Alessandro Marchetti, 21 anni di Latina, studente di ingegneria informatica a Roma Tor Vergata, da domenica scorsa e fino al 16 agosto prossimo svolgerà servizio come missionario in Egitto. Ciò grazie anche alla sua parrocchia di appartenenza, quella di San Marco, affidata ai salesiani. Proprio grazie al loro mondo, Alessandro ha avuto la possibilità di vivere questa esperienza, anche pubblicamente.

Lo scorso 6 luglio – scrive Remigio Russo della Diocesi di Latina – durante la Messa vespertina, ha ricevuto il mandato missionario dal parroco don Andrea Marianelli, con tanto di consegna del crocefisso che per questo mese all’estero porterà al collo.

«Il nostro Alessandro andrà al Cairo, dove noi salesiani gestiamo un oratorio in un quartiere difficile e che tanto lavora per il bene dei giovani del posto, senza pensare a quale religione professano», ha detto don Andrea ai fedeli, che ben conoscono il giovane.

«Sono cresciuto nella realtà di San Marco di Latina dall’inizio del catechismo. Ho partecipato come animatore a campi scuola, ho affiancato i catechisti e ho dato una mano anche con gruppi dopo Cresima», ha ricordato Alessandro. Molto semplice il percorso con cui il giovane pontino è arrivato a questa scelta. «Tutto è iniziato da un incontro dei salesiani in cui si parlava della missionarietà e dell’essere in rete col mondo in cui mi sono sentito provocato da una realtà più grande della mia, proprio perché Cristo stesso è stato missionario sulla Terra e mi sentivo chiamato a fare qualcosa in questo senso», ha spiegato Alessandro, ascoltato nei giorni prima della partenza.

«Quest’anno ho frequentato il percorso di scuola di mondialità con i salesiani, a Roma, in cui, insieme ad altri ragazzi abbiamo affrontato il tema dell’ambiente, riprendendo la Laudato sì’ di papa Francesco. Mi sono confrontato con la mia guida spirituale, che ha vissuto più volte un’esperienza missionaria, e ho deciso di partire per l’Egitto. Per mesi ci siamo preparati su Skype sui vari aspetti della missione, per non andare come incoscienti totali». Infatti Alessandro è partito sapendo di dover stare con i piedi per terra: «Non mi aspetto di cambiare l’Egitto, di essere il “salvatore della patria”, spero che questa esperienza mi cambi radicalmente in positivo, magari insegnandomi ad anteporre la realtà della persona all’idea della stessa per vivere in modo sempre più autentico e incondizionato il messaggio di Cristo. Gli egiziani sono per maggioranza islamici e la restante parte praticamente tutti cristiani copti, il che rende l’esperienza davvero innovativa rispetto a tutte le esperienze, sicuramente più standard, che ho vissuto come animatore. Entrare in una cultura nuova, in ambiente diverso, con cibi e clima a cui non siamo abituati sarà una sfida da non fare da soli, ma da vivere sotto la guida di Colui che ci manda».

Resta il nodo della famiglia, che deve aver avuto anche il suo ruolo, se non in questa scelta precisa almeno nel preparare quel terreno favorevole alla crescita del desiderio di partire missionario. Tra l’altro il papà Walter, a novembre scorso, è stato ordinato diacono, ora è collaboratore pastorale proprio a San Marco e la sera del mandato al figlio era anche lui sull’altare accanto al parroco.

«Per quanto riguarda la mia famiglia, seppur con le preoccupazioni normali dei genitori, mi sono sentito sostenuto e penso che questo non sia per nulla scontato. Abbracciare mio padre nel momento del mandato non è stato un dono da poco, che mostra come tutta la mia famiglia mi fosse vicino, compresa mia madre, mia sorella e i miei zii. Voglio ringraziare anche i miei amici che sono venuti per stare accanto a me in un momento importante come il mandato missionario. Ringrazio davvero ognuno di loro di tutto cuore», ha continuato Alessandro ricordando altre persone: «Devo ringraziare anche tutte le persone che pregano per me, in particolare le case salesiane che mi hanno ospitato e permesso di crescere. Sicuramente un ringraziamento va alla comunità di Latina, in particolare a don Carmine e don Andrea, cui sono davvero affezionato. Fanno davvero tanto per i giovani e spero che questa esperienza lascerà davvero un segno nella mia vita e di vivere al meglio questa esperienza di donazione di sé».