Dossier della Dia: Ecco i clan criminali attivi nel Lazio. Latina area strategica

27/07/2017 di
dia

Mafia o non mafia, non c’è solo l’organizzazione di Massimo Carminati a Roma, tra le organizzazioni autoctone. «La realtà criminale romana, molto complessa e variegata, non si esaurisce nella diffusa corruttela ricondotta al fenomeno sopra indicato – scrive la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella sua relazione semestrale, che si riferisce alla seconda parte del 2016 -. Insieme a quest’ultimo risultano coabitare infatti altre forme di criminalità, organizzata e comune, dedite al narcotraffico, ma anche alle estorsioni, all’usura, alle truffe e al gioco illegale». Il dossier, chiuso prima della sentenza di primo grado che ha escluso l’associazione mafiosa per il Mondo di Mezzo, ricorda come il gruppo di Carminati e Salvatore Buzzi «sarebbe riuscito a imporsi sulla scena criminale romana, condizionando anche vasti settori dell’attività amministrativa».

Inoltre «si conferma l’operatività del clan Casamonica, la cui componente principale – rappresentata dalla famiglia di estrazione Romani (sinti e rom stanziali) e giunta nella Capitale negli anni 60-70 dall’Abruzzo – risulta essersi gradualmente imparentata con altre famiglie rom, quali gli Spada, i Di Silvio (operativi a Latina), i De Rosa, gli Spinelli. Propaggini del clan risultano radicate anche nel basso Lazio e in Abruzzo».

«Si segnala, ancora, il rinnovato interesse di ex militanti della Banda della Magliana verso il settore degli stupefacenti, delle sale scommesse, del gioco d’azzardo e degli investimenti». La mafia siciliana, o Cosa Nostra, ha secondo la Dia «una silente integrazione anche con la criminalità organizzata autoctona» per traffico di droga e riciclaggio di capitali. I clan sono presenti da tempo nel Lazio, «con nuove generazioni portatrici di un imprinting mafioso stemperato dalle mire imprenditoriali ma, non per questo, meno pericoloso». Sul litorale di Ostia ci sono i Triassi, legati agli agrigentini Cuntrera-Caruana, dediti a riciclaggio e reimpiego di capitali. Presenti anche elementi contigui agli etnei Mazzei-Carcagnusi, arrestati per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Il Lazio è strategico anche per la ‘ndrangheta, scrive la Dia, che mantiene legami storici con la Calabria e ha una testa di ponte per «molteplici interessi illeciti». A Roma è attiva la cosca Fiare del Vibonese – legata al più strutturato clan Mancuso -, presente in varie zone del centro, che ricicla soldi in attività commerciali. Il clan reggino Alvaro-Palamara è inserito nei settori della ristorazione e delle acquisizioni immobiliari. Nell’area di Spinaceto e Tor dè Cenci vengono segnalate presenze delle ‘ndrine crotonesi Arena e reggine Bellocco, Piromalli e Molé (droga ed estorsioni). Altri clan si dedicano a usura, rapine e armi, supportati anche da pregiudicati romani. La ‘ndrina Piromalli di Gioia Tauro (Reggio) agisce nell’agroalimentare del Basso Lazio. La ‘ndrangheta è anche sul litorale di Anzio e Nettuno.

In provincia di Latina ci sono gli Alvaro ad Aprilia, i Tripodo Bellocco e La Rosa-Garruzzo a Fondi. Quanto alla camorra, la vicinanza con la Campania e i legami diretti con Roma fanno del Lazio uno sbocco strategico, specie nella capitale, a Frosinone e Latina. Terminale sia per le attività illecite sia per le infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale ed economico, la regione è anche luogo di latitanza come luogo di latitanza.

A luglio 2016, a Roma, è stato arrestato un esponente di spicco del clan Bidognetti. A settembre sono stati confiscati beni per 11 milioni di euro dalla Dia di Napoli a un imprenditore organico ai Casalesi. Al Il clan napoletano Mallardo reinveste invece molto a Roma. La famiglia Pagnozzi, di stanza tra Benevento e Caserta, si sarebbe invece radicata nella zona sud-est della capitale, specie nello spaccio e nel gioco illecito.