Rapinatore ucciso, arrestati i complici. Determinante la foto con il cellulare di un testimone

21/07/2017 di

I carabinieri di Pisa hanno effettuato tre fermi per la rapina del 13 giugno scorso in una gioielleria di Pisa quando il commerciante Daniele Ferretti reagì sparando e uccidendo uno dei banditi, Simone Bernardi, di Aprilia.

Si tratta di Gabriele Kiflè, 31 anni di Aprilia (Latina), accusato di essere il bandito armato di pistola che minacciò la moglie di Ferretti, Marco Carciati, pisano di 43 anni, che fece il palo, e Daniele Masi, 39 anni di Pomezia, che contribuì a pianificare il colpo.

Il fermo di Kiflè è già stato convalidato e trasformato in un provvedimento di custodia cautelare nel carcere di Latina, mentre gli altri due, tutti sotto la custodia dell’autorità giudiziaria, sono ancora in attesa del pronunciamento dei gip di competenza: di Pisa per Carciati, di Velletri per Masi. Gli inquirenti sono riusciti a individuare i complici di Bernardi grazie all’analisi del suo telefono e Kiflè, già noto alle forze dell’ordine, è stato riconosciuto dalla moglie del commerciante contro la quale puntò la pistola. I militari lo hanno arrestato martedì mattina nella sua abitazione di Aprilia (Latina) ma non hanno trovato l’arma utilizzata durante la rapina. Secondo il gip pontino, il presunto rapinatore è stato riconosciuto dalla moglie di Ferretti come l’uomo che il giorno precedente il tentativo di rapina «si era recato presso la gioielleria con il pretesto di acquistare un anello».

Dall’analisi dei tabulati di Bernardi sono emersi contatti con un’utenza telefonica intestata alla madre di Kiflé e riconducibile al figlio che, si legge nell’ordinanza, «stava vivendo una fase di clandestinità ed era ospitato, a Sezze (Latina), in un luogo diverso dalla sua abituale dimora ed era costretto a rimanervi quantomeno sino ai funerali (ndr, i funerali di Bernardi sono stati celebrati ad Aprilia il 21 giugno) per sottrarsi alla visita di amici e parenti del Bernardi, poiché costoro lo volevano ‘menarè per non meglio esplicitate colpe, per i recenti fatti accaduti a Pisa».

A inchiodare Kiflè c’è anche il riconoscimento di un testimone che che lo ha fotografato con il cellulare durante la fuga dopo la sparatoria. Dalle immagini di videosorveglianza, conclude il gip, si vede anche Kiflè «allontanarsi zoppicando» elemento riscontrato nelle intercettazioni telefoniche quando il presunto rapinatore chiede al padre di verificare gli effetti collaterali dei farmaci che sta prendendo, se assunti insieme agli alcolici, e che gli procuri «le stampelle».