Caso biogas: quello che Lessio non dice e lo spettro Pd sulle dimissioni

19/01/2017 di

Un capitolo a tinte fosche che rischia di avere effetti debilitanti per la giunta Coletta. Il “caso biogas” a Borgo Montello potrebbe risolversi in un’indagine interna all’ente con all’orizzonte lo spettro delle dimissioni – o quantomeno la richiesta di dimissioni – dell’assessore Roberto Lessio. È quanto emerso dalla seduta di Question Time andata in scena questa mattina in aula consiliare semi-deserta, in cui si è assistito ad una prima resa dei conti tra il delegato all’Ambiente ed Enrico Forte, primo firmatario e relatore di un’interrogazione che va riaccendere i riflettori (e le polemiche) su una spigolosa vicenda, incastonata tra lassismo amministrativo e cappi normativi.

Il caso. Il recente passato insegna che a Latina, quando si sente parlare di ambiente e rifiuti,  sarebbe bene drizzare le orecchie. Borgo Montello e la sua discarica da qualche decennio sono relegati a terra di conquista per noti “imprenditori della monnezza”, trincerati dietro una rete di holding. Tra questi anche il gruppo Grossi, facente capo all’oramai defunto colonnello dei rifiuti Giuseppe Grossi che, tramite la Green Holding, controlla la Ind.Eco, una delle due società che ha gestito il servizio di smaltimento dell’indifferenziato nei siti di Via Monfalcone negli ultimi vent’anni. La stessa società che lo scorso novembre ha ottenuto  dalla Provincia l’autorizzazione a realizzare due motori per il recupero energetico del biogas estratto dagli invasi S7 ed S8, entrambi saturi e sui quali sarebbe dovuta già essere avviata la fase post-mortem. Un’operazione che implementa la capacità di trattamento della rete impiantistica, di base già esistente con la presenza di altri motori a livello degli invasi S4, S5, S6. Ma il punto focale della vicenda non è l’autorizzazione in sé – a quanto sembra necessaria – ma il forfait del Comune, in particolare dell’assessore Lessio, alla seduta della conferenza decisoria indetta dal settore Ambiente ed Ecologia della Provincia sulla base dell’istanza di Ind.Eco, presentata come variazione non sostanziale all’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata dalla Regione nel settembre 2014. Provvedimento, quest’ultimo, impugnato dallo stesso Comune di Latina di fronte al Tar che però rispose picche. Ma se due anni fa l’ente di Piazza del Popolo ha alzato – vanamente – le barricate, durante la conferenza decisoria, condotta con procedura semplificata, si è dato alla macchia, così come gli altri enti interessati: Arpa Lazio, ma anche il Servizio Igiene della Asl, lo stesso che nel 2014 auspicava la cessazione delle attività a Borgo Montello per gravi condizioni di insalubrità. Il silenzio in tale procedura si traduce in assenso, e il parere prodotto dalla conferenza è stato scontato.

L’interrogazione targata Pd. L’assessore all’Ambiente nei giorni successivi al fatto ha dichiarato, in una “particolare” intervista a Il Giornale di Latina, di non sapere nulla in quanto non informato dagli uffici della seduta. Risposta che non è andata giù al comitato dei residenti, tantomeno alle opposizioni. L’ente, stando a tali maestranze, avrebbe dovuto in ogni caso esprimere un parere sulla questione, soprattutto per definire una posizione chiara, in base alle proprie competenze, su quella che deve essere la gestione del post-esercizio della discarica. Già, perché il voto unanime su chiusura e bonifica del sito è arrivato durante il Consiglio straordinario dello scorso 11 novembre, ma non è stata fatta chiarezza su quale debba essere il percorso indirizzato al rilascio di una sorta di green field. E quella della captazione del biogas prodotto dalla degradazione dei materiali di scarto abbancati negli invasi va, nonostante tutto, verso tale direzione. È stato, dunque, il Pd ad affondare il colpo mettendo per iscritto una interrogazione, esposta quest’oggi. Il quesito in ballo acquisisce le sembianze di un aut aut: o Lessio era al corrente del procedimento e non si è volutamente presentato in sede di conferenza, avvalendosi dello strumento del silenzio-assenso, oppure non vi  stata una comunicazione da parte degli uffici del Servizio Ambiente e Territorio, ipotesi che – secondo l’esposizione di Enrico Forte – si configurerebbe come una violazione amministrativa.

Enrico Forte, consigliere regionale e capogruppo Pd in Consiglio Comunale

“Non poteva andare diversamente”. Roberto Lessio si trova senza dubbio in una posizione delicata, anche sul piano del giudizio dell’opinione pubblica, surriscaldatasi appunto dopo l’intervista pubblicata dal defunto Giornale di Latina. Così, dopo una secca stoccata alla testata sotto forma di replica – “Aspetti tecnici non riportati o trascurati nel resoconto fornito all’opinione pubblica”, ha tuonato – l’assessore fornisce agli astanti una carrellata normativa che giustificherebbe, a suo dire, il silenzio in sede decisoria. “Il recupero del biogas è un obbligo ecologico”, l’ammissione di chi, per anni,  è stato uno dei più ferventi e puntuti giornalisti in campo ambientale che la provincia di Latina ricordi, acceso oppositore delle controversie che in questi quarant’anni hanno interessato la discarica di Borgo Montello. E in effetti Lessio ha ragione. Le prescrizioni adottate nel Protocollo di Kyoto, così come le Direttiva Europee 1999/31 e 2001/77 –  recepite dallo Stato italiano dal decreto Matteoli del 2003 e dal Testo Unico in Materia Ambientale del 2006 –  regolamentano l’obbligo di captare il gas di biodegradazione che si accumula negli invasi di discarica impermeabilizzati giunti a fine vita. Operazione che eviterebbe una sorta di implosione del sito ma anche la fuorisciuta di sotanze come il metanto, potente clima-alterante, e che permette in seconda istanza una capitalizzazione energetica. Una scorta giuridica, quella offerta, che, componendo il tris con l’Aia del 2014 e il successivo placet sulla variazione non sostanziale dello scorso giugno giunti dall’Area Ciclo Integrato dei Rifiuti della Regione Lazio, non poteva, stando alle dichiarazioni del delegato all’Ambiente, lasciare spazio ad alcuna contromossa da parte del Comune. “Non poteva andare diversamente”, è la sentenza rispolverata: i nuovi motori da 2,6 Mwe sarebbero stati comunque autorizzati anche in caso di parere negativo del Comune, il quale vedrebbe di conseguenza sgretolarsi di fronte al giudizio del Tar un eventuale ricorso, presentabile entro i 60 giorni dalla pubblicazione della determina provinciale.

Roberto Lessio, assessore all Ambiente

La mangiatoia delle rinnovabili. C’è però un elemento di fondo, tutt’altro che trascurabile ai fini della valutazione politica dell’operato dell’amministrazione: lo stesso assessore che sancisce l’impotenza dell’ente comunale davanti a procedimenti già incanalati su un preciso binario, dice che lui, su questo tipo di operazioni, avrebbe in realtà qualcosa da obiettare. Punta il dito, infatti, contro la legge n.10 del 1991, ovvero il Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia. Testo che equipara, sul piano procedimentale e fiscale, le energie rinnovabili vere e proprie – eolica, geotermica, idroelettrica, solare et similia – alle cosiddette rinnovabili assimilate,  le quali – parole di Lessio – “di rinnovabile non hanno nulla”. Tradotto: il recupero energetico del rifiuto – quindi la produzione di energia elettrica derivata dalla combustione sia delle biomasse prodotte dal trattamento del rifiuto indifferenziato (ndr. incenerimento) che del biogas captato dal materiale organico conferito in discarica – gode degli stessi incentivi – denominati Cip6 – previsti ad esempio per la realizzazione di pannelli solari. Con la sostanziale differenza che risiede nella forbice tra le due categorie in termini di ritorni economici, traslata infatti in economie di scala di entità differente. “Tali fonti assimilate hanno incamerato circa l’80% degli incentivi che in questi anni servivano per far decollare le fonti rinnovabili vere”, afferma l’ex esponente di Legambiente.

Quello che Lessio non dice.  Il quadro è dunque questo: i motori per la combustione del biogas erano necessari, il procedimento corretto, ed il Comune ha le mani legate. Tutto giusto, ma troppo semplificativo. Perché alla fine dei giochi la questione è un’altra: l’ente sembra essersi auto-esautorato della funzione di indirizzo. Perché è vero che la competenza per questo tipo di impianti è in capo alla Provincia e che l’Aia rilasciata dalla Regione era con tutta probabilità invalicabile, ma è parimenti vero che il Testo Unico in Materia Ambientale, citato dallo stesso Lessio nel resoconto normativo offerto in Aula, afferma anche che l’ente può concorrere a disciplinare la gestione dei rifiuti con appositi regolamenti, in virtù delle competenze circa la preservazione della pubblica salute ma anche del rispetto della normativa urbanistica. La norma di riferimento nel secondo caso è il decreto legislativo 112/1998. Proprio lo stato dei luoghi in chiave urbanistica è abbastanza controverso a Borgo Montello, con dei vincoli per preservare le aree a destinazione agricola inseriti e poi parzialmente revocati tra il 2012 e il 2013. In parole povere, la chimera era un regolamento che mettesse dei paletti normativi su come gestire l’universo rifiuti sul territorio comunale, ma soprattutto su Borgo Montello su cui pendono un poker di progetti tra ampliamenti dei siti di discarica ed impianti di trattamento, senza che il Comune abbia dato degli indirizzi perentori, con relazioni giustificative poggiate su un solido castello normativo, che non vadano a farsi benedire di fronte al primo ricorso al Tar. Indirizzi che non sono arrivati nemmeno sulla vicenda biogas, sul cui progetto sono state presentate delle obiezioni dal comitato dei residenti di Borgo Montello. Questo in un tavolo tecnico convocato a Piazza del Popolo qualche mese fa. Ma Giorgio Libralato, consulente tecnico del comitato, lo ha ripetuto in più frangenti, anche in una recente intervista rilasciata a Latina24.ore.it. Anche perché nel progetto non vi è un legame definito, in termini di cronoprogramma, con la fase post mortem della discarica, sbandierata ai quattro venti da chiunque provasse a partorire proclami su Borgo Montello.

Planimetria dell’impianto biogas Ind.Eco

Si va verso l’indagine amministrativa: dietro l’angolo la richiesta di dimissioni. L’interrogativo di fondo rimane: perché Lessio ha rinunciato a far valere le proprie posizioni in conferenza dei servizi? Negligenza amministrativa o convergenza di intenti con Provincia e Regione? Le domande – il cui effetto viene amplificato dall’imminente decisione dell’ente regionale di creare un Ambito Unico per la gestione dei rifiuti – restano in piedi, tant’è che Enrico Forte annuncia dei provvedimenti da parte della minoranza: “Il Comune ha il dovere di presentare osservazioni e produrre atti – avverte il capogruppo Pd, autore, va ricordato, di un dietrofront sul tema Tmb: prima a favore, poi contrario senza una raccolta differenziata spinta. Il consigliere regionale dem lancia così il dardo sulla giunta Coletta: “Di fronte alla nuova ‘Lessio magistralis’ – il latinismo coniato da Forte – formalizzeremo una richiesta di un’indagine amministrativa interna. Dopodiché, se apprenderemo che Lessio è stato in realtà informato della conferenza dei servizi, e non si quindi recato a rappresentare il territorio di questa città, noi presenteremo una mozione per la dimissioni dell’assessore”. Lessio, dal canto suo, si dice convinto della legittimità del proprio operato: “In che cosa consiste questo Lessiogate? In omissione in atti? In interessi personali che starei coltivando ai danni della collettività? Nelle mancate punizioni di funzionari che nulla avrebbero potuto aggiungere alla stessa istruttoria?” L’assessore, dunque, respinge tutte le accuse ma al contempo glissa sulle responsabilità dell’amministrazione e prova a fare da schermo ai suoi uffici. Il caso biogas, quello che Il Giornale di Latina definì Lessiogate – termine respinto con forza d’assessore – si appresta, al netto dei fatti, ad entrare nel vivo.