L’INTERVISTA Caos rifiuti a Borgo Montello, Libralato: “Coletta e Lessio non decidono”

03/01/2017 di

Chiudere la discarica di Borgo Montello, procedere con la bonifica e la gestione del post mortem, risarcire i residenti. Recita così, in sintesi, la delibera n.38/2016, sottoscritta – in una rara manifestazione di convergenza politica – da maggioranza e opposizione ed approvata all’unanimità lo scorso 11 novembre. Terzo ed ultimo ordine del giorno di un Consiglio straordinario sui rifiuti, seduta in cui si è levato un “coro di no” contro la discarica di Borgo Montello. Un atto – arrivato a rafforzare le barricate alzate dalla Provincia sul Piano Regionale dei Rifiuti come vorrebbe far diventare la provincia pontina la discarica della Capitale – che è sembrato a molti un vero e proprio segnale di svolta rispetto agli incerti destini di Via Monfalcone.

A molti ma non a chi, come Giorgio Libralato, su Borgo Montello ne ha viste e sentite tante. Attivista di lungo corso in campo ambientale, da anni consulente tecnico del comitato dei residenti di Borgo Montello e Borgo Bainsizza. In trincea contro la servitù della discarica, ha parto il caso Borgo Montello fino in Parlamento Europeo e in Commissione Parlamentare sul traffico illecito dei rifiuti, la cosiddetta Ecomafie, oltre cha all’attenzione di diverse testate nazionali.  Troppi i precedenti: diktat arrivati dall’alto, bonifiche mai realizzate, controlli approssimativi, ma soprattutto un interessato accomodantismo della classe politica. “Molto spesso è la politica che segue le aziende e non il contrario”, dichiara in un’ampia intervista rilasciata a Latina24ore.it.

Un sistema che potrebbe essere “dello scaricabarile” . Il Comune di Latina ne è stato parte integrante e sembrerebbe esserlo anche nel “nuovo libro” dell’era Coletta, scortato dall’assessore all’Ambiente Roberto Lessio, fino a qualche mese fa attento giornalista in materia ambientale che su Borgo Montello ha condotto più di qualche inchiesta.  “O non conoscono la materia o non si vogliono opporre a determinate decisioni con argomenti validi, in base ai mezzi che hanno a disposizione”: Libralato punta il dito contro l’inconsistenza amministrativa dei pochi atti prodotto dalla nuova amministrazione comunale, così come quelli giunti da via Costa.

Un effetto-domino che si ripercuote direttamente sui destini di quella che è oramai una landa contaminata e nauseabonda, un cimitero di rifiuti con significativi impatti sullo stato di salute della popolazione residente nelle aree limitrofe a via Monfalcone, che da anni sopporta il pesante fardello del dissesto ambientale. “Oltre alla media di un caso di tumore a famiglia, abbiamo riscontrato malattie come Alzheimer e Parkinson.” , la pesante denuncia su quella terra di veleni che è oramai Borgo Montello, in cui, tramite il vettore degli impianti di trattamento, si sta cercando in tutti i modi di “continuare a conferire rifiuti in discarica”.

Libralato, lo scorso ottobre la sezione provinciale dell’Arpa ha ammesso la natura antropica dell’inquinamento della falda sotto la discarica di Borgo Montello e il presidente della commissione Ecomafie ha dichiarato che il sito andrebbe chiuso e bonificato. Dello stesso parere il consiglio comunale di Latina, che ha messo all’unanimità il veto sulla riapertura. Crede che si sia giunti finalmente ad un consapevolezza che il sito venga definitivamente sigillato e bonificato? I “salti carpiati” della politica in questi anni le fanno dormire sonni tranquilli?

È ovvio che a freddo tutti dicono che la discarica di Borgo Montello debba essere chiusa e il sito bonificato. Ci sono tante di quelle dichiarazioni ed interventi, in questo senso. Ma il punto in realtà è un altro: spesso non decide la politica, ma le aziende. Nel senso che da una parte c’è la politica, o una fetta della politica, che vorrebbe percorrere questa strada e risarcire i cittadini, ma dall’altra rimane il problema che da qualche parte i rifiuti bisogna portarli. E siccome la politica non decide, alla fine rimane in gioco la libera iniziativa delle società. Se noi andiamo a ritroso nel tempo ad analizzare le vicende di questi ultimi anni a Borgo Montello, ma non solo, questo modus operandi appare evidente. Un esempio attuale arriva dal fatto che mentre il Comune di Aprilia ha approvato delle delibere in contrasto alla Piano Regionale Rifiuti, quello di Latina non ha prodotto nulla in questo senso. Rimanendo sul tema del Piano Rifiuti, anche le delibere approvate dalla Provincia sono alquanto preoccupanti, perché la versione data in quella famosa conferenza stampa non corrisponde a quanto riportato nel teso degli atti.

(La delibera di Consiglio Comunale n.38/2016 sulla discarica di Borgo Montello)

A proposito di quelle delibere della Provincia volte – o almeno l’intento sembrava quello – a contrastare il Piano Rifiuti varato dalla Pisana che pone le basi per l’istituzione di un ambito unico. Come sono andate veramente le cose?

La Regione prende atto dei dati che inviano le Province e ci dice che dalla Provincia di Latina non è arrivato nessuna indicazione circa la raccolta differenziata, che è ferma a poco più del 30%. È ovvio che se si immagina di proiettare la differenziata al 65%, la percentuale di trattamento dei rifiuti si riduce di circa la metà. Ma il processo non è così immediato. L’ente regionale ha affermato che – dal momento che i siti di Borgo Montello sono saturi – serve una discarica di servizio per il conferimento della frazione residuale dell’indifferenziato trattato negli impianti di Tmb.  E un indicazione dall’ente provinciale sul sito dove realizzare l’invaso – secondo la Regione ma anche secondo me, leggendo la delibera di via Costa – non è ad oggi pervenuta.  Lo affermò anche la dirigente dell’Area Ciclo Integrato dei Rifiuti della Regione Lazio, Flaminia Tosini:  se non decidono i Comuni o le Province, decide la Regione. Questo lo ha detto chiaramente sia intervenendo in Consiglio Provinciale che in Commissione Ecomafie.  La provincia di Latina ha impianti per il Tmb e il compostaggio  in esubero rispetto alla necessità del territorio, e questa era già noto, ma, appunto, non dice dove portare il residuale che comunque deve essere sversato in discarica. Come già detto, se un ente – che sia Comune e Provincia – non produce un atto chiaro, vuol dire che sta la sciando l’iniziativa alle aziende.  Molto spesso si avanzano degli atti volutamente poco chiari, che sono di conseguenza impugnabili, e sistematicamente impugnati, dalla società interessate, con il Tar che puntualmente il Tar gli dà ragione.  La complicità della politica toglie poteri alla macchina amministrativa stessa e li concede alle aziende..

In funzione di questi nuovi invasi necessari per la frazione residuale del trattamento, c’è sul piatto soprattutto il progetto di Ecoambiente per 400 mila volumetrie come discarica di servizio per il Tmb…

Si, ma di progetti ce ne sono tre: quello appunto di Ecoambiente, ma anche quelli di Ind.Eco e Rida Ambiente.  Quest’ultima, quindi la Paguro, ha presentato il progetto per una discarica ex-novo, Ind.Eco ed Ecoambiente invece propongono una sopraelevazione.  Tutti e tre sono progetti sovrabbondanti rispetto al fabbisogno attuale della provincia. Detto questo, molto spesso è la politica che segue le aziende e non il contrario. Un’altra prova di questo aspetto è il continuo stato di emergenza in cui versano i vari impianti. Per ogni struttura sottoposta a restrizioni per malfunzionamento e problemi simili, ce ne sono altre che si trovano ad avere problemi, circa l’emanazione di “puzze” e sostanze tossiche, nel gestire i carichi aggiuntivi.  Lo ha dichiarato anche l’Arpa Lazio in audizione sia a livello nazionale che regionale: molte strutture della provincia si ritrovano a dover lavorare una quantità di rifiuti maggiore di quella per cui sono stati programmati.

Planimetria descrittiva della sopraelevazione del “Nuovo e Distinto Invaso di Ecoambiente”

Dunque ci si trova costantemente nella posizione di dover mettere una toppa?

Praticamente è così. Poi è chiaro che questo tipo di emergenze spesso vengono anche create volutamente come strumento per approvare nuovi impianti che in una condizione di normalità gestionale non sarebbero mai concessi. Questo è uno dei motivi per cui non si può stare di certo tranquilli a Borgo Montello. Le aziende vengono favorite da queste situazioni e dalla mancanza d una prevenzione da parte della politica.

Lei parla di non-decisioni. Nel frattempo una decisione è arrivata dalla Corte di Giustizia Europea che ha revocato la procedura di infrazione in cui era incappata la discarica di Borgo Montello per il conferimento di rifiuto non trattato, il cosiddetto “tal quale”.

In realtà non è proprio così. Nel senso che è stata chiusa la procedura di infrazione per il “tal quale”, ma non l’intera procedura su Borgo Montello. La discarica è ancora sotto attenzione perché non è stato segnalato solamente il problema del tal quale: la Comunità Europea è intervenuta anche perché c’è stato uno smaltimento di rifiuti tossici, perché non si è proceduto con una bonifica…

La lente d’ingrandimento su Borgo Montello è dunque tutt’altro che defilata?

Si perché la normativa vuole che ci sia una gestione del “post mortem”, e questo non avviene.

Perciò le risulta che la gestione del post mortem che non sia ancora iniziata?

Assolutamente no,  questo è uno dei problemi maggiori.  Come facciamo a fidarci? Un altro esempio: La Regione ha avuto comunicazione della saturazione dell’invaso Ind.Eco il 6 agosto del 2015; non siamo andati in Conferenza dei servizi il 29 ottobre, e non ci è stato riferito nulla su questo fatto.  In una situazione normale – in un Paese “normale” – avremmo dovuto esserne messi al corrente, visto che avanzammo tale richiesta. Così come non ci possiamo fidare delle aziende – che ovviamente pensano al proprio tornaconto –, a quanto pare non ci possiamo fidare nemmeno della Regione. La stessa Regione che ha autorizzato, nell’ultima Aia, il conferimento alla società Ecoambiente anche con un sequestro sugli immobili da parte della Guardia di Finanza. Ha autorizzato un ampliamento con una semplice dichiarazione di parte, quando all’ente regionale bastava attuare una visura in conservatoria per capire che la dichiarazione di Ecoambiente – cioè il fatto che non ci fosse stato nessun sigillo – era in realtà falsa.

Perimetrazione discarica di Borgo Montello – allegato alla delibera 81/2013

Riguardo i controlli “allegri” della Regione, un ulteriore esempio oltre il caso dei terreni sotto sequestro non dichiarati nell’istanza Ecombiente?

Un altro esempio sono le valutazioni sull’invaso Ind.Eco, sequestrato lo scorso gennaio per un superamento del quantitativo di rifiuti.  La Regione nel marzo successivo emette un comunicato proprio contro quel sequestro, affermando – e questo è un fatto preoccupante – che nel conteggio dei quantitativi c’è un terzo di tolleranza. Questo non è vero, perché la norma a cui fa riferimento Ind.Eco in Commissione Ecomafie, e che poi riprende anche la Tosini, dice ben altro. Non afferma che si possa superare di un terzo il quantitativo, ma che quando si procede all’abbancamento dei rifiuti in discarica, li si deve “coprire” tenendo conto di un abbassamento del livello dell’invaso.

Questo per la biodegradazione del rifiuto, giusto?

Esatto.  Ma il punto è che la norma non autorizza un tot metri, ma autorizza delle tonnellate. I rifiuti si misurano in metri, non in chili. Non so se mi sono spiegato… Mi sembra evidente che questi discorsi celano degli interessi che non sono di certo quelli del bene comune.

Rimanendo sulla questione post-mortem. Lei è stato il primo a denunciare sulle polizze fideiussorie “carta straccia”  come garanzia sugli accantonamenti per il post esercizio, quindi per la bonifica e il ristoro.

Nell’ottobre 2014 c’è stato l’arresto dei vertici Ind.Eco, proprio perché Ind.Eco secondo avrebbe tolto quei soldi dalla disponibilità della società e trasferiti all’estero in paradisi fiscali. Questo ci disse la Procura. Poi il Tribunale del Riesame  ha revocato gli arresti ed i sequestri e ha detto sostanzialmente che  queste somme a quanto pare sono nella disponibilità della Green Holding; in altre parole, l’importante è che siano effettivamente utilizzabili al momento dell’inizio del post mortem.

Mi ha colpito, in merito, la dichiarazione del pm Luigia Spinelli in commissione Ecomafie: “Vorrei vedere cosa succederebbe se queste polizze fossero effettivamente attivate”…

La Spinelli parla chiaramente di “carta straccia”, ma questo è esattamente quello che dicevamo noi. La Ecoambiente, per cambiare fronte, ha sottoscritto delle polizze con la Gable, attualmente in fallimento. Anche l’Agripower (ndr. società che gestisce la centrale biogas dell’Acciarella), come  è noto, ha ottenuto delle fideiussioni da questa società, polizze in questo caso che non hanno nemmeno l’autentica della firma di chi – nella società Gable – avrebbe dovuto siglare quel documento. E da tempo è scattato un allarme nelle Procure dal momento che ci sarebbero in giro decine di polizze false stipulate dalla Gable, era una questione già emersa.  Se un’azienda firma un atto, chi lo forma deve essere delegato dal cda, devono risultarne in poteri da una visura camerale. Questo non è avvenuto, e ciò vuol dire che ci sono forti dubbi sulla validità dell’atto stesso. È anche per questo che i Comuni e gli enti locali un po’ più scaltri ad attenti, invece  di un atto fideiussorio, richiedono un deposito bancario.

Una bella fetta dei destini del sito di Borgo Montello sono intrecciati con quelli di Ecoambiente. Lessio nell’ultima commissione Ambiente ha riferito che esistono due possibilità per mantenere in vita la società: altre tonnellate di indifferenziato oppure la realizzazione di un Tmb, opzioni che  – parole dell’assessore – verranno contrastate dal Comune. Crede che basterà la volontà dell’amministrazione comunale per porre il veto sulla nuova Aia in corso di valutazione?

Si, ma anche no. Cioè, non nel modo in cui dicono Lessio e Coletta. Mi spiego meglio: intanto avrebbero dovuto produrre una delibera in cui dicono questo, ma non l’hanno fatto. E il non farlo in un frangente in cui la Regione ci ha espressamente detto “se non decidete voi, lo facciamo noi”, vuole semplicemente dire, come dicevo, che il Comune di Latina sta lasciando la scelta all’azienda e alla Regione. E ribadisco che della Regione non è che ci possa fidare più di tanto… I fatti lo dimostrano. Quindi se il Comune non vara un documento in cui “preso atto la deliberazione regionale in merito al Piano dei rifiuti, noi diciamo che  a Borgo Montello non sui può fare A, B e C”, motivando la decisione in base alla normativa urbanistica che non lo prevede, ma anche sulla scorta dei pareri dell’Arpa e della Asl…Beh, se non mette in campo un atto in questo senso,  vuol dire che fa decidere ad Ecoambiente e alla Regione.

In altre parole sta dicendo che, ad esempio, la delibera votata all’unanimità dall’Assise sulla chiusura di Borgo Montello dice tutto ma non dice niente? Non motiva il perché si sta dicendo “no”, giusto?

Esatto.  In tanti anni ho partecipato a diverse conferenze unificate – sia in Regione Lazio che in altre regioni – e mi sono occupato di molti contenziosi sottoposti al Tar. E le posso dire che chi fa un ragionamento come quello che fanno Lessio e Coletta, o non conosce la materia o non si vuole opporre a determinate decisioni con argomenti validi in base ai mezzi che ha a disposizione. In una conferenza dei servizi, dire di no ad un impianto “perché inquina”, in realtà è come dire di si. Il sindaco, che si avvale del potere conferitogli dagli articoli 216 e 217 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie può certamente porre il veto su un impianto perché inquina, ma deve allegare una serie di pareri ed analisi  che vadano a palesare un contrasto con la normativa ambientale, sanitaria ed eventualmente urbanistica tale da poter rendere efficace il diniego. Se non fa questo, il parere contrario ad un impianto viene impugnato dal Tar che sistematicamente dà ragione alle società proponenti. Questo lo abbiamo detto e scritto in tutti in modi.

Lei quell’impianto Tmb lo definì uno “specchietto per le allodole”.

In realtà ho ripreso solamente una definizione presa dalle carte della famoso inchiesta denominata “Cerronopoli” che aveva portato agli arresti di Bruno Landi e Manlio Cerroni; un processo che è ancora in corso. La Procura definisce quel Tmb uno specchietto per le allodole, in quanto la normativa europea non consente ampliamenti, sopraelevazioni o comunque ulteriori discariche, se non in funzione di un trattamento dei rifiuti, quindi di un Tmb o un’inceneritore. L’inchiesta ha portato alla luce che molti degli impianti in gestione dal gruppo Cerroni – che partecipa in Ecoambiente – non funzionavano, proprio perché le società non erano in realtà interessate a questo tipo di attività, ma al mero smaltimento nelle discariche di servizio.  Il Tmb è appunto uno specchietto per le allodole per continuare a conferire in discarica. E  così come Ecoambiente – che nell’istanza di Via ha inserito anche un impianto di compostaggio – anche Ind.Eco ha presentato un progetto per un impianto per la valorizzazione del rifiuto.

Qualche settimana fa su questa testata definivamo i progetti tutt’ora al vaglio della Regione un “cavallo di Troia” per continuare a sversare rifiuti ad oltranza.  Ci passa il termine?

È esattamente così.  In questo tipo di trattamenti – dal Tmb fino all’inceneritore – esiste una parte residuale che deve necessariamente finire in discarica. Tutti i progetti che ci propongono non risolvono il problema, lo spostano soltanto.  Specchietti per allodole, cavalli di Troia, o come dir si voglia. Il problema è appunto questo.

La vicenda biogas approderà in Consiglio Comunale. Lei è stato molto duro con Lessio, che nel frattempo ha dichiarato che comunque non c’erano né le condizioni necessarie per esprimere un parere negativo tantomeno quelle per procedere con un ricorso. “Bruciare il gas prodotto da una discarica è un obbligo ecologico prima ancora che amministrativo”. Come giudica queste affermazioni?

Diciamo che sono vere in parte. La captazione del biogas serve ad evitare la diffusione di emissioni odorigene moleste – le famose “puzze” prodotte da una discarica – Nel presentare il progetto Ind.Eco ha ammesso che i cittadini avevano ragione nel lamentarsi di questi puzze. Detto questo, sarebbe spettato al Comune dire come ovviare a questa criticità. Cioè mettere per iscritto tutte le caratteristiche che deve avere un impianto, così le indicazioni su quale area debba essere realizzato, sulle modalità dei monitoraggi e le cautele sanitarie. Cosa che non è avvenuta. Le conferenze dei servizi si svolgono proprio per permettere ad ognuno – oltre a dire di si o di no – di fornire delle prescrizioni. Ci sono alcuni interrogativi: perché Ind.Eco non ha legato questo impianto di biogas al post mortem? Perché non lo ha inserito nell’ultima richiesta la nuova autorizzazione?

Al netto delle polemiche, quindi, una toppa necessaria?

Sul fatto che un impianto biogas a Borgo Montello debba essere realizzato siamo tutti d’accordo. Ma il punto è che non abbiamo nessuno prova che sia quello approvato il tipo di impianto più adatto. È come dire – le faccio un esempio -: è logico che in una casa un impianto di riscaldamento serve; ma nel caso specifico è più utile una caldaia a metano o un termoconvettore? Ecco, questa è una semplificazione, ma la situazione è la stessa. Non è solamente un fatto tecnico come dice Lessio, ma anche politico.

Planimetria dell’impianto biogas Ind.Eco

Su questa vicenda oltre che nelle stanze di Piazze del Popolo, nemmeno in Procura si è mossa una foglia sul fatto che l’invaso S8 su cui verranno realizzati i motori fosse stato posto sotto sequestro. Tra l’altro le similitudini con il caso dell’Aia Ecoambiente sono stridenti.

Che noi sappiamo la Procura in merito non ha detto nulla. Essendo l’invaso sequestrato l’8 gennaio, ci saremmo aspettati che nei documenti sia della determina provinciale che in quella regionale ci fosse almeno un passaggio in cui si specificasse, ad esempio, che l’impianto autorizzato risulta tra le attività permesse dal sequestro. Quando manca un riferimento di questo tipo, è normale che sorga qualche dubbio nei cittadini.

Mentre si levano cori sulla chiusura del sito, intanto sono ancora in ballo – al vaglio della Regione – una realizzazione di una sorta di filiera del rifiuto su via Monfalcone: Tmb, compostaggio, biogas,inceneritore e annesse discariche di servizio. Non le sembra un dipinto abbastanza grottesco?

Appunto. Resta il fatto che – tornando alle competenze del Comune – l’ente comunale può procedere con il blocco delle attività nel caso gli impianti non rispettino le prescrizioni dettate dalla normativa in materia ambientale. Se quelle avesse volute davvero mettere in pratica quello che lui afferma a parole avrebbe potuto già intervenire in questo senso con la chiusura della discarica. Tra le tante motivazioni avrebbe, per esempio, potuto utilizzare il fatto che non si hanno più notizia della bonifica dal novembre del 2015.

Focalizzandoci sull’impatto a livello di salute che un ecomostro che la discarica di Borgo Montello genera sui residenti delle zone limitrofe: non è stato mai effettuato uno studio tossicologico sull’area?

Ad oggi ancora no.

Mentre nello studio epidemiologico condotto dal DEP Lazio e pubblicato qualche mese fa, risulta un’associazione statisticamente significative tra tassi di ospedalizzazione e di mortalità per patologie respiratorie ed esposizione a sostanze emesse dal sito come l’acido solfidrico. Ci può fornire una generale reportistica su altri casi di malattie comparsi nelle famiglie residenti nei pressi dell’area?

Oltre alla media di un caso di tumore a famiglia, abbiamo riscontrato malattie come Alzheimer e Parkinson. Studi rivelano che, nell’insorgenza di queste malattie, un certo tipo di inquinamento può risultare un fattore determinante o comunque co-determinante. La Asl ha chiesto più volte in conferenza dei servizi di attuare una indagine epidemiologica comprendente le varie casistiche. Un’indagine epidemiologica seria che dovrebbe prendere sotto esame i vari dati storici e statistici.

Per concludere, lei ha sottolineato negli anni la connivenza tra una parte dello scenario politico e l’universo societario dell’immondizia.  Poco tempo fa ha scritto sul suo blog, “cambiano i suonatori, ma la musica è sempre la stessa”. Mi sembra di capire che pone poca fiducia nell’operato del duo Coletta-Lessio.

Da chi è responsabile della salute pubblica noi ci aspettiamo un discorso di precauzione, anche e soprattutto nei fatti. Per restare in tema, ad Aprilia è stata eseguita un’analisi epidemiologica completa che dovrebbe essere pronta, mi dicono, per gennaio. Ecco, proprio secondo il principio della precauzione, si potrebbe, qui a Latina, subordinare l’autorizzazione a qualsiasi nuovo impianto o invaso di discarica presso l’area di Borgo Montello ad uno studio che certifichi le condizioni di vivibilità di quelle zone. Precauzioni che non sono state avanzate neanche sulla questione dell’autorizzazione dell’impianto biogas, in cui il Comune – come è noto – ha preferito non intervenire. A livello politico, come dicevo, non so se nella nuova amministrazione manchi un’adeguata conoscenza della materia o una volontà di risolvere le varie questioni. Un amministratore –aldilà di comunicati stampa e conferenze – agisce con gli atti. E se non agisce, lascia la libera iniziativa.  Rinuncia a tutelare i cittadini dal punto di vista sanitario o spera che siano altri a farlo. Non mi sembra che Coletta e Lessio – né in Consiglio Comunale né nella collegialità della Giunta – abbiamo prodotto degli atti in tal senso.