Latina a rischio idrogeologico, ma in Consiglio si litiga sulla beneficenza. Il caso sismico di Tor Tre Ponti

09/09/2016 di
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Quello che rimane del comune di Amatrice

Le macerie di Amatrice

Il sisma che ha colpito il Centro Italia ha lasciato degli evidenti strascichi nel dibattito pubblico sia a livello locale che nazionale. Da un lato l’eccezionale generosità e lo spirito di cooperazione di un popolo che nelle emergenze ha sempre trovato la forza di stringersi attorno a chi perso tutto: la casa, i cari, il proprio futuro; dall’altro l’incapacità di una vera e propria condivisione ed attuazione di programmi di prevenzione. Inerti discepoli di una cultura dell’emergenza che sistematicamente presenta il salato conto di un pressapochismo amministrativo – dalle gestione della programmazione fino ai controlli – che, ed è un dato di fatto, continua a mietere vittime.

Un modus operandi traslato anche all’interno della aula consiliare di Latina dove, durante la seduta di ieri pomeriggio, si è preferito montare una discussione sulle indennità da devolvere ai terremotati che parlare effettivamente di prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, che fino a prova a contraria era il motivo per cui l’assise si è riunito in forma straordinaria.

Fassino intima i Comuni a discutere di prevenzione ma a tenere banco è la polemica sulle donazioni

In Italia le risorse impiegate per misure di somma urgenza prevalgono nettamente rispetto a quelle investite per attività ed interventi finalizzati di riduzione del rischio”, è quanto si legge nella lettera consegnata ai Comuni italiani da Piero Fassino, presidente dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), il quale,  a fronte di tale considerazioni e degli ultimi eventi sismici, ha formalizzato la richiesta ai presidenti dei consigli comunali di indire una seduta straordinaria. All’ordine del giorno – oltre alcune formalità quali l’adesione alla “Giornata nazionale della protezione civile” e fissare entro i prossimi 60 giorni una esercitazione per posti di comando – c’erano delle questioni tutt’altro che marginali: il rifinanziamento del fondo per la prevenzione del rischio sismico anche per le annualità successive al 2016 e la richiesta alle Regioni di assegnare alle attività di prevenzione di eventi di calamitosi un budget annuale pari ad almeno l’1% del bilancio regionale. Ma anche la questione della necessità di “coinvolgere la comunità locale sulle problematiche legate ai rischi presenti sul territorio comunale e sulle misure da adottare per prevenirli”.

L’annuncio del consigliere di maggioranza Eugenio Lendaro di un accordo raggiunto con l’ingegner Umberto Martone del Servizio Protezione Civile del Comune per uno “studio di stabilità” atto a valutare lo stato dell’arte e la digressione di Calandrini sulla stazione di monitoraggio sismico di Tor Tre Ponti istallata nel 2012 dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sono gli unici spunti concreti inerenti al tema di discussione. Un confronto che è proceduto all’insegna del politically correct da clima post-lutto – all’inizio della seduta è stato anche osservato un minuto di silenzio per le vittime del terremoto – fino a quando le opposizioni compatte, con Massimiliano Carnevale portavoce, hanno deciso di proporre in extremis  (non appena il presidente del Consiglio Comunale Oliver Tassi ha annunciato la fine della discussione e l’inizio della fase di dichiarazione di voto) un emendamento alla delibera riguardante le donazioni che i membri della giunta avrebbero dovuto effettuare sulla stessa linea dei consiglieri, i quali appunto si sono impegnati a devolvere il loro gettone di presenza. Il 10% dell’indennità mensile, è stata la richiesta pervenuta dai banchi dell’ala destra.

La seduta straordinaria del Consiglio Comunale di ieri pomeriggio

La seduta straordinaria del Consiglio Comunale di ieri pomeriggio

Secca e forse stucchevolmente tecnocratica la risposta di Tassi: l’emendamento è inammissibile perché presentato fuori tempo massimo. Dura la reazione di Coletta: “Sono molto dispiaciuto di questo vostro emendamento – ha commentato – Mi sembra indelicato; su vicende del genere non servono strumentalizzazioni. Sono in contatto con il sindaco di Amatrice e di Accumuli e abbiamo già comunicato l’intenzione con intervenire in maniera chirurgica a favori dei comuni colpiti.”. A seguito di un acceso botta e risposta tra Nicola Calandrini e il capogruppo di Lbc Dario Bellini, Tassi ha deciso di sospendere il consiglio per  spostare la questione in conferenza dei capigruppo. Magicamente si è riusciti a trovare una soluzione condivisa e il nuovo emendamento è stato votato all’unanimità così come la relativa delibera. Il punto di convergenza è stato eliminare quel “10% dell’indennità” e sostituirlo con un generico “in sintonia con l’assemblea consiliare”.

La provincia pontina è tra le zone a rischio sismico più basso. Ma attenzione ad Aprilia e Cori

Eppure argomenti da approfondire nella discussione ce ne erano eccome. A cominciare con il portare all’attenzione dell’assemblea e dei cittadini una relazione sul rischio sismico nel territorio pontino. Una mappa di microzonazione sismica, per intenderci. Nel maggio 2006, con l’emanazione di un‘ordinanza da parte dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi  (uno dei suoi ultimi atti prima di lasciare il posto all’esecutivo Prodi-bis) lo Stato ha definito i criteri nazionali che ciascuna Regione deve seguire per l’aggiornamento della classificazione sismica del proprio territorio. Questo strumento normativo ha consentito di effettuare la classificazione sismica del territorio secondo parametri sismologici svincolati dal solo criterio politico del limite amministrativo.  La Regione Lazio ha così recepito la nuova norma, procedendo – grazie ai tecnici dell’Ufficio Geologico e Sismico Regionale e ai dati sulla pericolosità sismica di base elaborati dall’ENEA e dall’INGV-   con la redazione di una nuova classificazione sismica, resa pubblica nel 2009.

La classificazione del rischio sismico nel Lazio

La classificazione del rischio sismico nel Lazio

La provincia di Latina presenta in totale 33 zone sismiche, cifra nettamente inferiore a quelle delle altre province laziali (Frosinone 92, Rieti 75, Roma 140, Viterbo 62) nonché indice di una minore rischio. Di queste 33 zone, due sono zone sismiche di livello 2 – secondo la Protezione Civile,  “zone in cui possono verificarsi forti terremoti” – rappresentate dalle aree dei comuni di Aprilia e Cori, le altre 30 sono di livello 3. Il comune di Latina si trova su una zona 3A, il penultimo livello di classificazione: “possono verificarsi forti terremoti ma rari”. Per  avere un termine di paragone, Amatrice e Accumuli – i due paesini del reatino rasi al suolo dal sisma di due settimane fa – rientrano nel livello 1.

Tor Tre Ponti : dalla famosa faglia al caso sinkhole

Nonostante il territorio su cui sorge Latina sia classificato come a basso rischio , c’è un piccolo nucleo in cui persiste una leggera ma costante attività sismica: la frazione Tor Tre Ponti. È rimasta impressa nella memoria dei latinensi, non abituati a fenomeni del genere, la scossa del 15 febbraio2015 di magnitudo 3.8 ed epicentro a 7 km di profondità proprio in quell’area compresa tra Via Carrara e via del Fiordalisto.  Come ricordato da Calandrini durante il Consiglio di ieri, l’INGV ha inserito questa località nelle rete di monitoraggio andando ad installare nel 2012 un sonda a circa 200 metri di profondità. In quel punto la terra ha tremato l’ultima lo scorso 16 aprile, quando i magnitudo furono 1.6.

La spiegazione è data dal fatto che sotto Tor Tre Ponti è presente una linea di faglia, ovvero una frattura della crosta terrestre che causa deformazioni tettoniche. Secondo alcuni studiosi l’attività sismica di questa zona sarebbe riconducibile al fenomeno dei sinkhole. Letteralmente “buco sprofondato”; si tratta di vere e proprie voragini create dall’attività erosiva dell’acqua nei confronti del carbonato di calcio, composto chimico nella roccia calcarea, con abbassamento della falda sottostante. Il terreno tende così a sprofondare ed a riempirsi di acqua. Tuttavia molti addetti ai lavori ritengono che questi fenomeni non possano generare scosse come quella del 2012, anche perché questi eventi non si verificano mai oltre i 30-40 metri di profondità, distanza non comparabile con quella dell’epicentro di quell’evento sismico.

Uno studio del 2013 commissionato dall’Ispra e denominato Carte di suscettibilità da sinkhole: risultati preliminari della Regione Lazio ha evidenziato le macro-aree fortemente interessate: la Piana di S.Vittorino (Rieti), la Piana delle Acque Albule (Roma), Valle Latina (Frosinone) e infine proprio la Pianura Pontina, soprattutto nella zona pedemontana a ridosso delle Monti Lepini ed Aurunci.  In provincia di Latina, secondo il Catalogo dei sinkholes del Lazio 2011, sarebbero 101, e si possono trovare anche sulla costa. I più vicini a Latina quelli di Cisterna e  Doganella, i Laghi Sprofondo a Sermoneta, e soprattutto quello di Tor Tre Ponti nei pressi dello stabilimento Pettinicchio. Possono essere fenomeni naturali oppure antropici, scaturiti ad esempio da uno sconsiderato sfruttamento edilizio. Tuttavia per il territorio pontino la causa sembra essere un’altra, ovvero l’intensiva coltivazione del kiwi, piante che richiedono molta acqua, e ciò causa continue escursioni del livello delle falde acquifere sotterranee. Ma non è da escludere anche la continua captazione dalla falda per uso irriguo.

sinkhole doganellaUn fenomeno da monitorare quello di Latina Scalo ed aree limitrofe, come prescritto tra l’altro dalla Regione Lazio con una delibera di giunta del 2002. È una notizia di pochi giorni fa l’affidamento della relazione tecnica sul rischio crolli nel quartiere della stazione proprio in riferimento al possibile originarsi di nuovi sinkhole.

Rischio idrogeologico, a Latina pericolo di alluvioni: il capoluogo pontino nella top ten della classifica

I sinkhole rientrano tuttavia nella categorizzazione di eventi di natura idrogeologica (e non prettamente sismica), il cui dissesto nel Lazio assume delle proporzioni abbastanza critiche. Nel 2012 il Ministero dell’Ambiente ha stimato che nella nostra regione il 98,4% dei comuni presenta situazioni fattori determinanti tale processo, tradotto in percentuali il 7,6% del territorio regionale. Per quanto riguarda la provincia di Latina, stando al rapporto 2011 dell’Ordine dei Geologi del Lazio, ci sono quasi 154 km quadrati di superficie a rischio. In particolare Latina spicca nella classifica regionale dei Comuni con aree ad alta criticità per alluvione, andando ad occupare il 10° posto con i suoi 6,87 km quadrati a rischio; ben il 17% delle zone a maggior pericolo si trovano all’interno del perimetro provinciale.

aree-rischio-alluvione-regione-lazioAlmeno sulla carta un discorso di prevenzione in tal senso è stato affrontato. Lo testimoniano i 90 milioni previsti dall’accordo di programma stipulato nel 2010 tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione. Cifra indirizzata ad interventi di riduzione del rischio quali ad esempio la delocalizzazione di insediamenti, norme per l’uso del suolo e presidi territoriali. Un piano organico che però, come sottolineato dall’Ordine dei Geologi, non ha spesso trovato attuazione a causa di una serie di difficoltà: dalla carenza di personale tecnico , passando per  la complessità dell’iter procedurale-amministrativo e della quantificazione dell’importo da stanziare prima dell’approfondimento del livello di progettazione, fino ad eventi di particolare intensità che possono comportare la revisione di quanto progettato o realizzato. Insomma un confronto impari contro la natura ed i paralizzanti impedimenti della macchina amministrativa.

Un quadro complessivo, quello delineato, utile per tornare al Consiglio di ieri e poter certificare che si sarebbe potuto e dovuto iniziare a discutere su argomenti seri invece di incartarsi su una nichilistica bagarre politica. La sfida tutta italiana è quella di rovesciare i preconcetti e le barriere procedurali che si instaurano quando si cercare di trattare in maniera seria il tema della prevenzione, di qualunque natura essa sia.  E Latina e la sua classe dirigente non fanno purtroppo eccezione in questa tendenza.

  1. Ma i nomi dei contrari a rinunciare al 10% dell’indennità si possono sapere? Non che serva una scienza per indovinare chi siano i tizi in questione… ma così, tanto per avere la certezza che i vecchi scalda-poltrone siano sempre gli stessi tipi delle passate giunte.

  2. ma quale prevenzione…. se da quando è stato varato il PAI Piano d’Assetto Idrogeologico viene costantemente modificato riducendo le aree a rischio oppure abbassandone il livello di rischio, di quale prevenzione parlano?
    Si appongono vincoli di inedificabilità per motivi tecnici e scientifici poi per motivi “politici” si riducono o tolgono del tutto.

    NON SONO TERREMOTI E ALLUVIONI A PROVOCARE VITTIME, MA LA POLITICA!!!