Nucleare, oltre al danno la beffa: in fumo milioni di euro di contributi dallo Stato

04/08/2016 di
centrale-nucleare-latina-sabotino

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Oltre il danno anche la beffa, verrebbe da dire. La questione del nucleare assume sempre più i contorni di una vicenda ai limiti del tragicomico.  I nodi da sciogliere sono più di uno: dai ritardi nelle procedure di decommissionig del sito di Borgo Sabotino – che verrà rilasciato presumibilmente nel 2035 e nel quale sono stoccati 1700 metri cubi di rifiuti radioattivi – ai preoccupanti punti interrogativi scaturiti dagli studi epidemiologici targati ISS ed Ispra relativi all’impatto sulla salute. Ad un già più che travagliato quadro complessivo si aggiunge la sentenza di primo grado emanata dal Tribunale di Roma lo scorso 21 luglio che riconosce un contributo milionario ai comuni che ospitano impianti e/o depositi nucleari. Ma Latina non è inclusa in questa lista, e non a causa di eventuali discriminazioni da parte dell’autorità giudiziaria.

Le origini di tale controversia risalgono al 2007, quando, su iniziativa dell’ex-sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo, venne costituito l’Ancin, l’Associazione nazionale Comuni italiani nuclearizzati, affiliata all’Anci, e Latina venne scelta come sede nazionale dell’associazione. La battaglia condotta da Zaccheo&Co era indirizzata a far rispettare l’erogazione da parte dello Stato di quei contributi previsti dall’articolo 4 del decreto legge n.314 del novembre 2003 formulato dal Governo Berlusconi-bis.  Così recita il comma 1:”Misure di compensazione territoriale sono stabilite, fino al definitivo smantellamento degli impianti, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. Alla data di messa in esercizio del Deposito Nazionale [..] , le misure sono trasferite al territorio che ospitano il Deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi.”

Il progetto per il Deposito Nazionale – una macro-struttura che ospiterà tutti i rifiuti nucleari del nostro Paese, una buona parte attualmente stoccati nei vari siti presenti sul territorio italiano – era stato presentato due anni anni prima, ma solo nel 2010 verranno affidate le operazione di realizzazione a Sogin, la società di Stato nata dal decreto Bersani sulla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica. Si è proceduto, a partire dall’entra in vigore della norma, a stanziare nuovi finanziamenti per i primi interventi territoriali e di informazione, compresa l’istituzione di una commissione tecnico-scientifica con compito di valutazione e vigilanza.

Preso atto che il materiale radioattivo sarebbe rimasto nei rispettivi impianti per almeno una quindicina d’anni prima che essi venissero trasferiti nel deposito unico, la delegazione dei sindaci spinse dunque per ottenere quei fondi di cui avevano diritto. L’Ancin – costituita oltre dal Comune di Latina, da quelli di Bosco Marengo, Trino Vercellese, Caorso, Roma, Piacenza, Sessa Aurunca, Rotondella, Ispra e Saluggia – portò avanti con successo tale istanza e riuscì così a far affluire nei diversi comuni risorse ingenti. “Diversi milioni di euro.”, confessa Zaccheo, intervenendo con una nota sulla questione.

Tali fondi, così come le spese relative alla costruzione del Deposito, sono definiti mediante la determinazione di un’aliquota della componente tariffaria elettrica A2 pari a 0,015 centesimi per kilowattora consumato, con aggiornamento annuale sulla base degli indici ISTAT dei prezzi di consumo. Sull’importo gioca anche la pericolosità dei rifiuti ospitati, la cui valutazione annuale spetta Ministero dell’Ambiente tramite la redazione di un inventario radiometrico. Il 50% del rimborso è indirizzato al Comune in cui si trova la struttura, e la restante parte è divisa equamente tra Provincia di riferimento e comuni limitrofi all’area.

Succede però che l’esecutivo guidato dal Cavaliere ritorna sulla questione nel dicembre del 2004: viene emanata una nuova legge finanziaria che presenta delle disposizioni in materia di entrate da  inserire nel bilancio dello Stato. E proprio dall’applicazione di un cavillo riguardante tale ambito normativo che nasce la diatriba tra l’apparato statale e Ancin.  Il risultato dell’operazione fu un taglio netto alle risorse: i contributi previsti per la schiera dei comuni nuclearizzati vengono ridotti al 30%. Un intervento che il Tribunale ha bollato come frutto di un errore interpretativo del comma 298 di quella legge. “Tale interpretazione era da ritenersi errata – si legge nell’atto – atteso che la norma in questione si limita a stabilire che una quota parte degli importi derivanti dall’applicazione dell’aliquota della componente della tariffa elettrica deve essere versata all’entrata dello Stato invece che nel conto degli oneri della Cassa Conguaglio per il settore elettrico, senza alcuna riduzione dell’ammontare del contributo“.

Quella legge era dunque illegittima e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Cipe e ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze sono obbligati  a versare nelle casse dei membri Ancin che li avevano citati in giudizio  l‘intero ammontare del contributo previsto dall’articolo 4 del d.l del 14.11.2003 n.314,” si legge nel verbale della sentenza. E per le annualità 2005, 2006, 2007, è arrivata  la condanna al pagamento della quota parte non versata oltre interessi. Questo perchè nel 2008 il Governo, l’esecutivo Berlusconi 4.0,  era tornato sui propri passi, resettando la norma alla prima interpretazione, quella che riconosceva agli enti locali interessati il 100% del tesoretto capitalizzato dalla tassazione delle utenze elettriche, e non il 30% come aveva decretato nel 2004.

I comuni che hanno beneficiato di questa prima pronuncia del Tribunale di Roma sono quelli di Ispra, Rotondella, Saluggia, Caorso, Trino, Piacenza, Minturno e Sessa Aurunca.  Tra questi, appunto, non figura Latina che nel 2011 ha rinunciato a fare causa contro quel provvedimento e che continuerà a percepire appunto il 70% in meno delle misure compensative rispetto alle altre aree nuclearizzate. L’entità delle mancate entrate per il comune pontino si attesta a diversi milioni di euro. Basta pensare che lo stanziamento totale si aggira sui 100 milioni e che realtà come quella di Caorso e Saluggia riceveranno degli indennizzi rispettivamente di 26 e 23 milioni.

vincenzo-zaccheoVerrebbe da chiedersi il perché della decisione del capoluogo laziale di non accodarsi al ricorso. Un quesito che Vincenzo Zaccheo non esita a riproporre all’interno del dibattito su questi ultimi sviluppi della vicenda. “La mia amministrazione cadde nell’aprile 2010 – ricorda colui che è stato uno dei maggiori sostenitori dell’iniziativa – e non potei seguire quel contenzioso.
Restano alcuni legittimi interrogativi: come mai l’allora commissario Nardone non proseguì, con l’azione giudiziale, l’iter già avviato dall’amministrazione comunale? Per quale ragione l’ex sindaco Di Giorgi rimase del pari inerte?”

Domande che probabilmente rimarranno senza risposta; quel che è certo che la città ha perso un’altra occasione per dare ossigeno alle proprie casse, anche a fronte dei debiti fuori bilancio riconosciuti e non, di cui una buona parte deriva proprio da sentenze sfavorevoli. Adesso tocca a Coletta provare mettere una pezza sulla questione, o almeno è quello che auspica Zaccheo: “Rivolgo un accorato appello all’attuale sindaco – chiosa l’ex-Primo Cittadino – affinché si attivi quanto prima per ottenere il rimborso delle somme non corrisposte al Comune di Latina. Ogni ulteriore attendismo aggraverebbe infatti una situazione già fortemente penalizzante, a livello economico, per il nostro territorio”.

  1. Povero innocente Zaccheo che voleva la metro leggera, la cittadella giudiziaria, l’intermodale ecc. ecc.. L’unica cosa che ha ”comprato” per Latina è la bandiera blu della vergogna con il mare fogna e i servizi inesistenti (bagni, bagnini, chioschi, trasporti ecc.).
    Gli sono mancati solo i milioni del nucleare da intascare……