Di Silvio in silenzio davanti al giudice

22/10/2010 di
coccoluto_tiziana

Poche parole o silenzio assoluto. Gli indagati del clan Di Silvio si sono avvalsi quasi tutti della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice Coccoluto e agli altri gip coinvolti per rogatoria. Molti degli arrestati sono infatti reclusi in altre città per evitare contatti, nel carcere di Latina, con gli agenti di polizia penitenziaria finiti nel mirino del clan.

I “PIZZINI” DI PATATONE – Al gruppo viene contestata l’associazione per delinquere, aggravata dalle modalità mafiose e finalizzata ai reati di estorsione e usura. Uno dei capi, Costantino Di Silvio detto “Patatone”, scriveva messaggi intimidatori dal carcere di Latina. «Carissimo compare…», inizia così uno dei “pizzini” datato 21 maggio 2010 e firmato “Patatone”. Nel testo minacce a un noto commerciante di Latina costretto a pagare 14.800 euro con interessi usurari del 57,3%. “Pizzini” consegnati alle vittime per intimidire e spingere a pagare subito: dopo quel messaggio furono incassati 3.300 euro solo di interessi.

ORGANIZZAVANO L’OMICIDIO DI GIANFRANCO FIORI – Nell’ordinanza si fa riferimento all’esplosione di colpi d’arma da fuoco contro agenti di polizia penitenziaria, ma anche ad attentati incendiari ai danni di auto degli agenti della Mobile e della penitenziaria. Contestata anche la cessione la pistola Beretta calibro 9×21 con colpo in canna sequestrata il 6 giugno sul lungomare. Secondo l’accusa l’arma doveva essere usata per uccidere Gianfranco Fiori, ritenuto dal clan Di Silvio-Ciarelli l’autore del tentato omicidio di Carmine Ciarelli e per questo bersaglio numero uno. L’arma passò di mano tra Giuseppe Di Silvio, Mario Esposito e Giuliano Papa. Altre armi furono sequestrate tra maggio e settembre, mentre l’incendio al bar “Giulia” in via Cerveteri è ritenuto un attacco a un rivale del clan.

GUERRA IN ATTO – Carmine, Costantino, Armando, Giuseppe Pasquale, Samuele e Ferdinando Di Silvio; Giulia De Rosa; Andrea Falzarano; Gianluca Mattiuzzo; Maria Giuseppina Di Silvio e Gerardo Scava sono gli arrestati. La custodia in carcere viene giustificata dal giudice per «evitare – si legge nell’ordinanza – ulteriori gravi delitti finalizzati a far assumere al clan l’asserito predominio sulla delinquenza locale che, in tal modo, aggraverebbe ulteriormente la “guerra” in atto». Il gruppo, accusato di associazione per delinquere aggravata dalle modalità mafiose, è difeso dagli avvocati Giuseppe Poscia, Oreste Palmieri, Carlo Alberto Melegari e Alessia Vita.