Rifiuti, avanti con l’in house tra mille incognite. Lessio: decreto Madia non vincolante. E spunta una consulenza “segreta”

15/12/2016 di

Il timone sembrerebbe ben saldo e la rotta tracciata. Nonostante la sentenza del Tribunale di Latina che ha decapitato Latina Ambiente, la rincorsa alla gestione in house dei rifiuti pare una prerogativa fondamentale per Coletta e la sua maggioranza. E la morsa del decreto Madia – dopo la bocciatura della Corte Costituzionale di una consistente parte della legge delega sul riordino della pubblica amministrazione – sembrerebbe ora meno stretta. O almeno è quello che emerso dalla seduta di ieri pomeriggio della commissione Ambiente e dal vortice di pareri in mano all’assessore all’Ambiente Roberto Lessio, chiamato ieri a riferire circa il fallimento della spa dei rifiuti a maggioranza pubblica e a chiarire gli orizzonti di intervento della nuova amministrazione.

Una seduta scandita anche da alcuni momenti di tensione, tant’è che il presidente Dario Bellini è dovuto intervenire un paio di volte per placare i toni del confronto a due tra il delegato all’Ambiente e il consigliere di FI Alessandro Calvi. Diatribe politiche a parte, nonostante il pugno duro di Lessio, i nodi da sciogliere sono diversi , dalle beffarde “contingenze legislative” al parere dell’Anac sul bando per l’affidamento esterno . Elementi che minano direttamente alla credibilità dell’azione di governo messa in campo dai nuovi inquilini di Piazza del Popolo n.1.

La seduta della commissione Ambiente di ieri pomeriggio

Un carrozzone con un doppio filo all’interno del Comune. La prima valutazione da fare nel rimettere insieme i cocci di una travagliata gestione è quella di avere ben chiare le cause del fallimento.  Lessio fa il punto e non si mostra di certo morbido nell’analizzare i passaggi che hanno traghettato la controllata del Comune al crac finanziario. La bocciatura del piano concordatario risiede principalmente nel mancato riconoscimento dei crediti verso l’ente da parte dei revisori del Comune: 1,3 milioni quello certificati, oltre 13,8 milioni (diminuito a poco più di 10 dopo l’ultima tranche di pagamenti ) quelli richiesti dal versante societario tra Tia e insoluti commerciali. Una forbice che è andata ulteriormente ad alimentare il conclamato stato di decozione della società. Ma  da dove proviene quella montagna di crediti non ancora certificati? Stando alla versione di Lessio, lo snodo in direzione negativa è rappresentato dalla commistione di ruoli tra i vertici di Latina Ambiente e la stessa amministrazione comunale. Che Latina Ambiente fosse diventata negli anni un ricettacolo di delfini e trombati della politica utile a convogliare consensi, è oramai cosa nota.  Ma Lessio ci tiene a ricordare una fase cruciale: quella del controllo monopolistico di Mario Tagliatela, segretario e direttore generale del comune che presidente del cda della società. Un evento quasi concomitante con la cessione della riscossione delle tariffe Tia I al Comune. Un doppio ruolo in un passaggio chiave che Lessio bolla come uno “stato di conflitto d’interesse”. E la doppia conseguenza tratteggiata dall’assessore è impietosa: “Da quel momento – ha spiegato – sono iniziati a crescere esponenzialmente i crediti commerciali vantati dalla società”. Una spallata al potere decisionale del Comune affiancata all’escamotage che ha permesso per anni al privato di esprimere la maggioranza nel cda pur non avendo una frazione di quote azionarie minore (il 49% contro il 51 del Comune).

Il pasticcio della Tia. Ma la questione di fondo è che lo scontro tra la curatela e l’amministrazione sulla certificazione del credito vantato dalla società nei confronti del Comune si basa anche su introiti di una tariffa illegittima. Già perché di crediti non riscossi buona parte riguardano la cosiddetta Tia I, quella formula di tariffa di igiene ambientale varata dal decreto Ronchi del ’97 è stata giudicata incostituzionale dalla Consulta nel 2009. Ci sono inoltre dei pareri della Corte dei Conti e della Commissione Tributaria Regionale.  Sentenze che prendono atto dell’istituzione nel decreto sulle norme ambientali datato 2006 e targato Berlusconi,  di una nuova tariffa, la Tia II; e che soprattutto puntavano il dito contro un fondamentale aspetto: era impostata come, appunto, come una tariffa, ma in realtà era un tributo vero e proprio. Il punto è che a Latina su tali vicenda ci si è superati: il Consiglio Comunale approvò nel maggio del 2006 la riscossione della Tia I, un mese dopo dell’entrata in vigore della nuova normativa.  Ed ecco perché il comune per le annualità 2006-2009 le Comune ha alzato le barricate; isomma  tali debiti sono pro solvendo e pertanto non inserti nel bilancio dell’ente.  Tradotto, l’amministrazione si è semplicemente fatta carico di riscuoterli per conto di Latina Ambiente.

Roberto Lessio durante l’audizione in Commissione

La servitù della discarica e i contenziosi. Non solo le fosche manovre sull’asse Comune – cda. Tra le cause della caduta della società, nonché di un servizio di raccolta differenziata ancora oggi sotto di 30 punti dalla quota del 65% stabilita dall’Ue, ha avuto la strada spianata un gioco di clientele intestino guidato dalla parte privata, reso possibile da uno schema in cui il controllato era praticamente lo stesso del controllore. Si tratta del vaso di Pandora di Ecoambiente, gestore di una parte del sito di Borgo Montello deputato al conferimento di rifiuto indifferenziato, partecipata da Latina Ambiente per un 51% e in cui troviamo gli stessi nomi presenti nel partecipogramma di Latina Ambiente. I Colucci appunto, che in Ecoambiente si spartiscono le quote private con il monopolista dei rifiuti Manlio Cerroni. “Si è privilegiato lo smaltimento in discarica perché lì entravano dei soldi”, ha scandito a chiare lettere Lessio. Un servizio scadente, che mirava più che altro a far lievitare i già stracolma invasi di via Monfalcone. Da qui nasce gran parte di quella mole di contenziosi che interessa le partite creditorie sugli introiti derivati dalle attività della Spa (i crediti commerciali). Ed ecco come nasce il divario tra le parti circa la valutazione del monte debiti/crediti.

Partecipogramma societario di Latina Ambiente spa

Le ombre sui conti. Tutt’ora non si ha dunque la contezza precisa dello stato patrimoniale di Latina Ambiente, nè si riesce a dare una proporzione del margine che ha segnato il knock out della società. Su questo aspetto ha chiesto lumi la consigliera Pd Nicoletta Zuliani, alla quale va dato atto di aver reiterato più volte tale richiesta anche durante la consiliatura Di Giorgi. Ma di una cosa Lessio è sicuro: i conti presentati nel consuntivo 2014, documento da cui ha avuto origine la crisi Latina Ambiente,  sono “taroccati”. O almeno è quanto si legge nella relazione della Procura, così in quelle del Collegio dei Revisori (presieduto dall’ex commissario liquidatore Bernardino Quattrociocchi) e della società di revisione esterna. D’altra parte però non si sa neppure quanto rischia di dover sborsare il Comune in caso di sconfitta nella battaglia dei contenziosi.

Il colpo di grazia è arrivato dal “fuoco amico”. Dunque il principale “movente” del delitto Latina Ambiente sembra essere quell’alone di mistero sui crediti. Tuttavia, da quello che ha riferito l’assessore, la decisione di giudici della sezione fallimentare è stata spostata in maniera decisiva verso l’estrema ratio di staccare la spina alla spa scaturirebbe proprio da chi invece l’avrebbe dovuta condurre sulla via della liquidazione. Già lo scorso luglio era stato sollevato un profilo di inconferibilità in Bernardino Quattrociocchi, la cui curatela – va detto – è stata una boccata d’ossigeno per il malato terminale  e ha portato la società a chiudere il 2015 con un utile di 1 milione di euro. Tuttavia il professore, essendo già curatore della società Logistica Merci, altra partecipata del Comune a cui era stata affidata intermodale di Latina Scalo, non poteva ricoprire lo stesso ruolo in Latina Ambiente. E non solo: nel frattempo ha inoltre accettato l’incarico di amministratore unico della municipalizzata di raccolta rifiuti del comune di Sezze. “Dal nostro punto di vista vi era un’acclarata situazione di inconferibilità”, le parole di Lessio su questa ulteriore spina conficcatasi nei prospetti dell’amministrazione. Tant’è che l’allora segretario generale Pasquale Incarnato inviò una missiva all’Anac a fronte della quale non è mai arrivato un responso. Ad ogni modo il rischio era chiaro:”Tutti gli atti firmati da Quattrociocchi, compresi concordato e il piano industriale presentato in Tribunale, potevano risultare nulli”. Ed è stata questa la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso orientando il giudice Giuseppe D’Auria verso la dichiarazione. Non che le speranze – sia chiaro – fossero assai più elevate, nel caso non si fosse palesato lo spettro dell’inconferibiltà del commissario liquidatore. Ma certamente è un fattore che ha avuto un suo peso, forse decisivo.

La doppia beffa del decreto Madia: Latina un “unicum”.Tuttavia il braccio di ferro sul fronte debiti/crediti e le tinte in chiaroscuro sull’incarico di Quattrociocchi non sono gli unici ostacoli messisi di traverso nella corsa a tappe verso il salvataggio della società e del conseguente progetto di ripubblicizzazione del servizio di raccolta rifiuti. Lo spauracchio del decreto Madia sulle partecipate, in attuazione della legge delega sulla pubblica amministrazione, serpeggiava da tempo nelle stanze di Lbc imponendo quei famosi paletti circa l’impossibilità di “nei 5 anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società in controllo pubblico titolare di affidamenti diretti”  di mantenere o acquisire nuove partecipazioni in società operanti nello stesso ambito di servizio. La Consulta, richiamando l’assenza di un’intesa ottenuta in sede di Conferenza Stato Regioni in un materia concorrenziale tra la legislazione statale e quelle regionale, pareva aver riaperto la partita nella sentenza piombata tra capo e collo dell’esecutivo Renzi lo scorso 25 novembre. Dei quattro articoli per tale ragione dichiarati illegittimi figura, infatti, anche il n.18 sulle partecipate da cui ha preso vita il decreto attuativo. In realtà la beffa si nascondeva dietro l’angolo. La Corte Costituzionale inserisce un addendum nella sentenza: il parere di incostituzionalità non vale per gli articoli già entrati in fase di attuazione, e quello sulla società controllate dalle pubbliche amministrazioni è tra questi. In altre parole la Consulta ha esercitato la competenza solo sulla “riforma madre” E come in una rocambolesca trama tragicomica, Latina risulta essere l’unica realtà in tutta Italia ad essere attualmente penalizzata da tale disposizione.  Affinchè la matassa si possa sbrogliare favorevolmente per il capoluogo pontino, si dovrebbero verificare due condizioni: una nuova pronuncia di incostituzionalità sul decreto specifico oppure il ritiro della delega da parte del governo sulla riforma. In entrambi casi tempi troppo lunghi per Piazza del Popolo, che si trova bloccata in un pantano legislativo. “Un impasse che non abbiamo voluto di certo noi” – ha tuonato l’assessore – “Qui cambia tutto in poco tempo, mettetemi nei miei panni”.

La consulenza “segreta” sulla ripubblicizzazione: la luce in fondo al tunnel .  Quello della gestione in house è però, coerentemente alla programmazione di mandato, un obiettivo a cui Lbc non vuole rinunciare. Rovesciare gli indirizzi sull’esternalizzazione del servizio posti durante gli ultimi respiri della consiliatura Di Giorgi, quando PD e FI votarono insieme bocciando, tra l’altro, il progetto in house di FdI. Proprio entro questa mese, secondo quanto deliberato dall’ultimo consiglio straordinario, la giunta dovrà portare in aula un piano industriale. Ed in questa direzione Lessio ha annunciato di aver già ottenuto un parere favorevole da uno stimato professionista esperto in materia, il cui nome non è dato sapere. “Il decreto Madia non è vincolante”, rivendica Lessio. Un asso nella manica che però l’ente non può sfruttare dal momento che il soggetto da cui è arrivato è lo stesso che offre consulenze a quelle società che vorrebbero partecipare al bando europeo.  “L’amministrazione si sta attivando – ha ammesso –  per chiedere un parere ad un costituzionalista in modo da capire se effettivamente possiamo andare avanti con l’in house.”

Nessuna marcia indietro sul bando di affidamento esterno. Nell’intricata panoramica non bisogna dimenticarsi che a Latina un bando sui rifiuti c’è già, quello appunto da 127 milioni redatto da Barbato ma è attualmente al palo dopo la sospensione dell’apertura delle buste e l’invio di una richiesta di parere all’Anac, quest’ultima avvenuta ad ottobre. Un bando che prevede una privatizzazione del servizio – con il Comune che si defilerebbe completamente – in conformità a quegli indirizzi deliberati in aula due anni fa sul superamento della società mista. Documento che è stato messo in discussione su più fronti: criteri di stringenti di partecipazioni, omissioni, deficit occupazionale per il traguardo del 65% di RD e il fantasma dell’art.30 dello schema di convenzione sulle norme di salvaguardia che permettono di regolare a propria discrezione (forse troppa) le risorse. E se l’Anac dovesse dire che è tutto a posto e il bando è regolare? Non si torna indietro sul piano di Barbato, puntualizza Lessio. “Ritireremo il bando esterno, lo modificheremo in base alle nostre indicazione e riapriremo la gara”.

Il versante comune: più raccolta differenza, maggiori occupazione e risparmi. E intanto bisogna pensare al presente. Il tribunale ha stabilito che nonostante il fallimento Latina Ambinte può ancora esercitare il servizio. Si procederà dunque con una richiesta di proroga di sei mesi per arrivare a quel fine vita già posticipiato da Barbato a giungo 2017. L’obiettivo a breve termine è investire sul parco mezzi in modo da implementare il regime di raccolta differenziata.  Il che porterebbe a due vantaggi. Da un lato un risparmio sulla tariffa per lo smaltimento dell’indiffernziato corrisposta alla Rida Ambiente di Aprilia, la quale sta ricevendo anche quelle tonnellate che dovrebbero finire nel sito di Borgo Montello,ora in post esercizio. Il costo di questa operazione per l’anno 2016 è stato di 7 milioni. Muovendosi perciò nella direzione di una raccolta spinta, si potrebbe risparmiare – secondo la stima del delegato all’Ambiente – circa un milione e mezzo. Dall’altro lato si capitolerebbe un maggiore indotto occupazionale. Proprio il futuro dei lavoratori è un altro degli argomenti centrali, su cui Lessio però non è riuscito a fornire una soluzione, passando la patata bollente nelle mani dei due curatori fallimentari nominati dal Tribunale, Angela Pierro e Lorenzo Palmerini

Ecoambiente? “Vale zero.” Non passa in secondo piano il nodo Ecoambiente, società tramite Latina Ambiente il Comune controlla per un 26% di quote societarie. Resta ancora da capire il valore della società, anch’essa in liquidazione, la cui attività è ferma dal 6 ottobre a causa della saturazione delle volumetrie a disposizione per il conferimento dei rifiuti. È tuttavia al vaglio della regione l’istanza di Via per un complesso impiantistico Tmb+compostaggio con annessa discarica di servizio per nuovi 400 mila metri cubi. “Ecoambiente ha due possibilità per restare in vita – ha messo in chiaro Lessio – : ricevere nuovi movimenti di rifiuto indifferenziato oppure realizzare un Tmb. E noi contrasteremo entrambe le ipotesi”. Dunque la srl, a fronte dell’impossibilità di ricevere nuova immondizia, per l’assessore “vale zero”.

Gli interrogativi e il vicolo cieco. Insomma il ragionamento di Lessio non si discosta di un millimetro dal solco su cui è stata improntata la linea politica adottata fino ad oggi. Il Comune non  può certificare e caricarsi delle somme su cui i revisori non hanno mai dato un placet e a fronte delle quali l’ente rischierebbe il dissesto finanziario. Posizione legittima, così come anche i quesiti arrivati dall’opposizione, Nicoletta Zuliani e Alessando Calvi in testa.

Perché una cosa è certa: a giungo scatta il passaggio del cantiere e l’amministrazione deve essere pronto con una nuova soluzione. Nel caso in cui il decreto Madia non sia aggirabile, il Comune ha veramente pronto un piano B? Se l’Anac risponde che il bando di Barbato sull’esternalizzazione non presenta profili di irregolarità, avrà davvero il coraggio di bypassare il parere dell’authority e procedere con una nuova gara? E siamo sicuri che si riuscirebbe a trovare la quadra entro giugno? Il rischio che il progetto di Lbc vada ad infrangersi contro un muro esiste, e il timore più grande è quello di ritrovarsi tra sette mesi senza aver posto le basi né per l’in house nè per il servizio esterno. È  una partita a scacchi in una fase di stallo, in cui Lessio&co dovranno ponderare bene le proprie mosse, pena il naufragio definitivo del servizio di igiene urbana.