Cassazione: augurare la morte non è una minaccia

03/10/2014 di

«Augurarsi la morte di un’altra persona è certamente manifestazione di astio, forse di odio» ma poiché «il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale» la sua violazione è «penalmente irrilevante». La Cassazione è dovuta intervenire in questi termini per assolvere con la formula piena “perché il fatto non sussiste” due coltivatori, marito e moglie, condannati dal tribunale di Cassino, lo scorso dicembre in sede di appello, per ingiuria e minaccia.

Rivolgendosi alla parte offesa, il primo aveva detto: «Ogni volta che vedo la tua macchina partire per Roma la domenica sera, il giorno dopo compro il giornale, sperando i leggere della tua morte in uno di quegli spaventosi incidenti…» e «ti prometto che non mi fermerò mai a soccorrerti». L’altra aveva rincarato: «Ogni anno qualcuno mi fa sapere che la tua salute peggiora molto e sempre più, tanto che stai lì lì per crepare, però questa bella notizia non arriva mai».

Il tutto era avvenuto nell’ambito di una disputa atavica, che era finita anche davanti al giudice civile. Nel correggere il giudizio del giudice di merito, la quinta sezione penale della Cassazione (sentenza 41190), sottolinea che «desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l’onore e il decoro», quindi non costituisce ingiuria. E lo stesso discorso per il reato di minaccia: augurare la morte in un incidente provocato da altri o per l’aggravarsi delle condizioni di salute «rappresentano certamente manifestazioni di scarso affetto» e di «evidente mancanza di fair play tra avversari processuali», ma i due imputati non hanno manifestato l’intenzione di fare alcunchè per determinare la morte. Tutt’al più, scrivono i giudici per assurdo, il marito ha preannunciato «che si sarebbe reso responsabile di un futuro ed eventuale reato» di omissione di soccorso.