Processo Eternit, condanna storica

14/02/2012 di

Colpevoli. Per la prima volta i vertici di una multinazionale vengono condannati per uno scempio provocato dalle loro filiali sparse per il mondo. Accade a Torino con la sentenza del processo Eternit.

A due personaggi che in tempi diversi hanno guidato – dice l’accusa – la grande holding svizzera dell’amianto, il Tribunale subalpino ha inflitto sedici anni di carcere: sono i responsabili – dicono i giudici – delle migliaia di malattie e di morti generate dalla dispersione delle fibre-killer. «È una decisione storica che è anche un messaggio al mondo», affermano il ministro Renato Balduzzi e tanti altri dietro di lui. «Un sogno di giustizia che diventà realtà», aggiunge Raffaele Guariniello, il capo del pool di pm che ha indagato sull’Eternit. Ma il numero uno del collegio difensivo, l’avvocato difensore Astolfo Di Amato, lancia quello che sembra un avvertimento. «Se passa il principio che il capo di una multinazionale è responsabile di tutto ciò che accade in tutti gli stabilimenti periferici, allora investire in Italia, da adesso, sarà molto difficile».

I condannati sono un magnate svizzero, Stephan Schmidheiny, 65 anni, e un barone belga, Louis De Cartier De Marchienne. La sentenza del collegio presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore precisa in modo puntiglioso le loro responsabilità. I due sono colpevoli di rimozione volontaria di cautele ma solo per i danni avvenuti dopo il 13 agosto 1999; De Cartier è colpevole di disastro ambientale doloso a partire dal 27 giugno 1966, e Schmidheiny dal 18 settembre 1974. Quattro erano gli stabilimenti di Eternit Italia di cui si è occupato il processo: Casale Monferrato (Alessandria), la città più colpita dalla piaga dell’amianto con oltre 1.600 morti, e poi Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Napoli-Bagnoli, con più di 600 morti. Per gli ultimi due il reato di disastro è stato dichiarato prescritto. L’elenco delle parti civili è sterminato, tanto che la lettura ha impegnato Casalbore per tre ore. All’inizio erano 6.392 fra parenti delle vittime, malati, sindacati, associazioni ed enti territoriali; durante la causa molte hanno accettato una transazione (il totale è sceso a circa cinquemila). Oggi sono stati accordati indennizzi per un totale di ottanta milioni di euro, di cui 25 per la sola città di Casale (ne aveva rifiutati a furor di popolo 18 dalla Eternit) e 20 per la Regione Piemonte.

I familiari hanno ottenuto fra i 30 e i 35 mila euro ciascuno, e potranno anche iniziare un’altra causa per ottenere il resto. Secondo l’accusa dei pm Raffaele Guariniello, Sara Panelli e Gianfranco Colace, Eternit fece poco o nulla per risolvere il problema amianto sia nelle fabbriche, sia nei centri abitati; la società, inoltre, minimizzava e spargeva controinformazione sui rischi legati alla lavorazione del minerale. Accuse che le difese hanno sempre respinto. Schmidheiny è uno degli uomini più ricchi del mondo (il suo nome compare regolarmente nelle classifiche di Forbes) e oggi si presenta come un filantropo, un benefattore che sostiene i progetti di cooperazione e sviluppo sostenibile. Ereditò la carica negli anni Settanta dal papà, Max, e – affermano gli avvocati – investì milioni per la sicurezza. De Cartier, che oggi vive appartato in una splendida villa in Belgio, secondo i suoi legali fino al 1971 era amministratore di una società in Eternit per il 21%, dopodichè fu un semplice componente del cda, senza potere decisionale. I giudici sono stati di parere diverso. E dopo la condanna per un reato doloso il pool di Guariniello sta affilando le armi per l’inchiesta Eternit-bis: questa volta non si tratta di disastro ambientale, ma dei singoli casi di morte (circa un migliaio quelli contestati) e i magistrati potrebbero muovere accuse come l’omicidio con colpa cosciente o addirittura l’omicidio volontario con dolo eventuale.

LACRIME E GIOIA AMARA. Le lacrime dei parenti degli oltre 2.200 morti; la voce ferma del Presidente del Tribunale che, per tre ore, senza sosta, con centinaia di persone in piedi, in un silenzio assoluto, nella maxi aula del Palazzo di giustizia di Torino, elenca vittime e familiari in un «rosario infinito» che unisce l’Italia in un dramma che deve ancora finire; l’emozione del pm Raffaele Guariniello che ammette che «s’avvera un sogno» perchè «i diritti sono realtà»: sono i fotogrammi della sentenza con la quale, per la prima volta, i vertici dell’Eternit, sono condannati per i danni e le malattie causate dall’amianto. «Una sentenza che, senza enfasi, si può definire davvero storica», dice subito il Ministro della Salute, Renato Balduzzi. Il ministro sottolinea «gli aspetti sociali e quelli strettamente tecnico-giuridici» della decisione dei giudici torinesi e aggiunge che ora «la battaglia contro l’amianto prosegue, nell’attività amministrativa e nell’impegno delle istituzioni e dei cittadini». Parole che rincuorano i parenti delle vittime che, della sentenza, sottolineano soprattutto quella parola «colpevoli» che – dice Bruno Pesce, portavoce dell’Aneva, l’associazione che li riunisce – rende «giustizia alle famiglie». Nella compostezza dell’aula, qualcuno si abbraccia, a decine piangono, ma sugli spalti c’è anche chi non versa una lacrima. Romana Blasotti, 83 anni, presidente dell’Aneva, per l’amianto ha perso il marito, la figlia, la sorella, un nipote e un cugino. «Speravo di riuscire a piangere almeno oggi – dice – e invece no. È tutto troppo duro per lasciarsi andare. Vedremo ancora amici morire e abbiamo ancora tanta rabbia e tanta strada da fare». E mentre i difensori dei top manager dell’Eternit, Louis de Cartier e Stephan Schmidheiny, spiegano perchè i loro assistiti non hanno alcuna responsabilità e i motivi per i quali presenteranno appello, Guariniello e gli altri due pm che hanno lavorato con lui, Gianfranco Colace e Sara Panelli, guardano oltre la maxi aula torinese. «Abbiamo dato a tanti il diritto di sognare giustizia», dicono e annunciano che per il processo bis, quello che analizzerà le responsabilità relative ai singoli decessi, si prenderà in esame l’ipotesi del dolo. «I diritti non sono soltanto scritti, ma sono reali», commenta il Procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli, che poi si rivolge alla politica per chiedere che non siano smantellati i pool specialistici di pm. «Applicheremo lealmente la legge», aggiunge Caselli ma nell’aula appare chiaro che senza il pool di Guariniello alle sentenze Eternit e Thyssenkrupp non si sarebbe mai arrivati. E dalla politica arrivano, a decine, le dichiarazioni di soddisfazione per una sentenza alla quale guarderà tutto il mondo e d’impegno ad andare avanti, per la bonifica delle aree, come dice il Presidente del Piemonte, Roberto Cota, e l’eliminazione definitiva dell’amianto dalla vita di Casale Monferrato, come dice il sindaco della città, Giorgio Demezzi.