Wikileaks, t-shirt e tazze per fare cassa

23/02/2011 di

I processi costano – domani arriva la sentenza di primo grado sulla
richiesta di estradizione avanzata dalla Svezia; si prevedono appelli qualunque sia
il verdetto – e i fondi si assottigliano. Ecco allora che la nuova trovata del sito
anti-segreti WikiLeaks per rastrellare un pò di fondi è quella di aprire un negozio
online e puntare sul merchandising. Felpe, magliette, tazze, spillette, buste
porta-laptop: c’è di tutto. Ma in particolar modo c’è lui, Julian Assange. Che appare
anche in versione Che Guevara col basco in testa e la scritta ‘Viva la Informacion’.
A ospitare la linea WikiLeaks è la tedesca Spreadshirt AG, che in passato ha
prodotto magliette per gente come le Spice Girls e Boyzone. I proventi, si legge sul
sito, andranno a finanziare «interamente» le operazioni di WikiLeaks. I prezzi, non a
caso, sono abbastanza alti. Per una T-Shirt con la semplice scritta WikiLeaks ci
vogliono infatti 17,99 euro – 26,99 se si opta per il cotone organico di American
Apparel. Per la maglietta con Assange nei panni del Che bisogna sborsare invece 19,99
euro. La versione base della T-Shirt ‘Free Assangè costa poi 17,99 – il volto del
fondatore di WikiLeaks è incorniciato fra le due parole. La classica tazza da caffè
americano – la mug – viene quasi 16 euro. Per la felpa col cappuccio ci vogliono 38
euro. Come vadano gli affari – lo store è stato aperto da poco – è ancora presto per
dirlo. Detto questo, la Spreadshirt ha sottolineato come il sito fondato da Assange
abbia un potenziale di vendita «migliore della media».
«WikiLeaks – ha detto un portavoce dell’azienda – è una proposta emotiva: o lo ami o
lo odi. Per chi li ama, sostenere WikiLeaks portando una maglietta è un’ottima idea».
L’iniziativa potrebbe però anche essere una lama a doppio taglio per Assange&Co, come
spiega al Wall Street Journal Maureen Hinton, esperta di marchi alla londinese
Verdict Research.
«Alla base di WikiLeaks ci sta il concetto di essere un pò sovversivi», dice.
«Trasformare l’immagine del gruppo in un ‘brand’ globale diminuisce in qualche modo
quel tipo di messaggio». La base, insomma, potrebbe anche non gradire, casse in rosso
o meno. «Rischia di essere visto come un modo per incassare il sostegno
dell’establishment piuttosto che agire da sovversivi», conclude la Hinton. Sia come
sia, alle 10.30 di giovedì mattina Assange dovrà varcare nuovamente i cancelli della
Belmarsh Court di Londra per ascoltare il verdetto del giudice Howard Riddle. Non
appena lo avrà pronunciato in aula, la sentenza sarà subito disponibile sul sito
internet della magistratura britannica – in pieno stile WikiLeaks.