Terrorismo, Italia blindata dopo arresti ed espulsioni

30/03/2018 di
isis

Di «minaccia incombente» aveva parlato solo pochi giorni fa il capo della polizia, Franco Gabrielli, salutando il Papa in Vaticano. Oggi il ministro Marco Minniti ha confermato: «la minaccia – ha detto – era, è e resterà seria per un certo periodo di tempo nei confronti dell’Italia».

E gli arresti e le espulsioni di questi giorni nella galassia jihadista non fanno che confermare lo stato di allerta degli apparati di sicurezza. La propaganda contro Roma sede della cristianità ed i «crociati» si è fatta sempre più intensa ed il rischio è che qualcuno si «attivi» in un periodo delicato per la sua simbologia come quello delle festività pasquali. Riti religiosi, pienone di turisti nelle città d’arte: un contesto che preoccupa il Viminale. Ieri Minniti ha invitato a rafforzare ulteriormente i controlli nelle aree affollate ed ha sottolineato che «le operazioni di polizia dimostrano una straordinaria capacità di prevenzione».

Segnalazioni su possibili attacchi arrivano in continuazione e vengono esaminate dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa), ieri convocato in seduta straordinaria da Minniti. Al tavolo – che riunisce esponenti di forze di polizia e 007 – si è ribadito che non ci sono evidenze di minacce concrete, ma il momento richiede la massima attenzione e l’intensificazione delle già elevate misure di prevenzione. Il livello di allerta è infatti già al massimo, il 2. Quello successivo, il 3, scatta quando c’è un attentato in atto. I “lupi solitari”, come quello che ha colpito in Francia venerdì scorso (4 morti), sono il pericolo numero 1. Giovani, disadattati, di recente radicalizzazione, possono passare all’azione stimolati dai continui appelli al jihadismo che viaggiano in rete.

«Possono attivarsi – ha aggiunto il ministro – con una capacità di prevenzione molto bassa e a prevedibilità zero». Da tenere d’occhio anche i combattenti di ritorno dai teatri di guerra: poco più di 120 quelli che hanno avuto a che fare con l’Italia. Per rientrare nei Paesi di provenienza possono seguire le rotte dei migranti, come più volte segnalato da Minniti. Da qui l’invito a rafforzare il monitoraggio su chi sbarca. Altro ambiente “caldo” è quello delle carceri, dove ci sono oltre 300 detenuti considerati a rischio per il loro islamismo radicale. Anche in questo caso le antenne sono alzate, come dimostra l’espulsione pochi giorni fa dell’ex imam del carcere di Alessandria, un marocchino 35enne rimandato in Patria subito dopo la scarcerazione. Proprio le espulsioni «per motivi di sicurezza dello Stato» rappresentano uno degli strumenti chiave messo in campo dal Viminale: sono già 28 nel 2018, praticamente una ogni 3 giorni e 265 dal 2015. Tra gli allontanati, una ventina di imam.

Più in generale, la sconfitta militare dell’Isis in Iraq e Siria fa aumentare l’allarme sull’altra componente del Califfato, quella terroristica. La minaccia dunque, come rilevato nell’ultima relazione dell’intelligence, resta «di prima grandezza», proprio per la capacità di innescare processi di radicalizzazione nei paesi ‘bersagliò ed incoraggiare l’azione autonoma «con ogni mezzo disponibile».

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