Il Vaticano processa due giornalisti per aver pubblicato notizie riservate

25/11/2015 di
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fittipladi-nuzzi-vatileaksUn’udienza riservata alle sole questioni preliminari, durata per questo non più di un’ora e dieci minuti, ma entrata già in uno dei temi cruciali di questo processo Vatileaks 2: la consistenza delle accuse nei confronti dei due giornalisti chiamati a giudizio per aver pubblicato notizie e documenti riservati della Santa Sede.

È stato uno dei due, Emiliano Fittipaldi, autore del bestseller «Avarizia» – chiamato in causa dal Vaticano insieme a Gianluigi Nuzzi, autore di «Via Crucis» – a mettere per primo queste accuse in discussione con una dichiarazione in aula e con un’eccezione dell’avvocato difensore Lucia Musso, che ha chiesto la nullità del capo d’imputazione e del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza nelle contestazioni e per «l’impossibilità di difendersi».

Eccezione però respinta, dopo circa 45 minuti di camera di consiglio, dalla Corte presieduta da Giuseppe Dalla Torre, che ha quindi e senza indugio indicato la tabella di marcia del processo, con i tempi serrati che gli si vogliono imporre: udienze giornaliere a partire da lunedì 30, con gli interrogatori dapprima a mons. Lucio Vallejo Balda e a Francesca Immacolata Chaouqui, poi a Nicola Maio, e quindi agli altri due imputati, appunto i giornalisti Fittipaldi e Nuzzi.

In serata, però, è arrivata la dichiarazione dell’avv. Giulia Bongiorno, secondo cui «dopo le innumerevoli compressioni del diritto di difesa, la mia assistita Francesca Chaouqui sta valutando di astenersi dalla partecipazione al procedimento in Vaticano, invocando il suo ‘status’ di rifugiata nel territorio italiano ai sensi dell’art. 22 del Trattato del 1929 con la Santa Sede, essendo peraltro incolpata di reati politici».

La stessa Bongiorno ha riferito che la Chaouqui ha presentato denuncia querela contro mons. Vallejo Balda in relazione a «a una serie di fantasiose calunnie» contenute nel fascicolo processuale. I cinque imputati erano tutti in aula stamane nell’aula del tribunale vaticano per la prima udienza del processo: mons. Vallejo (condotto in aula dalla cella dov’è tuttora rinchiuso nella caserma della Gendarmeria) difeso da Emanuela Bellardini, Chaouqui da Agnese Camilli e Maio da Rita Claudia Baffioni, tutte e tre d’ufficio; Fittipaldi da Lucia Musso e Nuzzi da Roberto Palombi, entrambi di fiducia.

I cinque rispondono di concorso nella divulgazione di documenti riservati; i primi tre, i presunti «corvi», anche di associazione a delinquere. Ma una delle questioni di polemica è che il Vaticano ha respinto le richieste per ammettere nel processo altri avvocati chiesti dagli imputati: Caterina Malavenda da Nuzzi, Antonia Zaccaria da Vallejo e Giulia Bongiorno dalla Chaouqui, tanto da far dire alla stessa Zaccaria che «il Vaticano calpesta i diritti umani». Esaurita la costituzione delle parti, e mancando solo la presenza della parte lesa, cioè la Santa Sede a rappresentare la quale sarebbe dovuto comparire il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, si è passati alle questioni preliminari.

L’avv. Bellardini, difensore di Vallejo, ha chiesto i termini a difesa e quindi un rinvio del processo, essendo stata nominata solo ieri e non avendo potuto studiare adeguatamente il fascicolo di circa mille pagine, né preparare una strategia difensiva. Fascicolo che – scrive l’ANSA -, contiene anche un memoriale di mons. Vallejo, da lui vergato durante la detenzione in cella, in cui il prelato spagnolo ricostruisce la natura e i particolari dei suoi rapporti con la pierre Francesca Chaouqui. È stata quindi la volta di Fittipaldi, che ha letto una sua memoria difensiva in aula, esprimendo la sua «incredulità nel trovarmi ad essere imputato di fronte ad una autorità giudiziaria diversa da quella del mio Paese, pur avendo scritto e pubblicato in Italia il libro per il quale di pretende qui di incriminarmi». In Italia, inoltre, «la condotta che qui mi addebitate non sarebbe penalmente perseguibile, non essendomi contestato in alcun modo di aver pubblicato notizie false e diffamatorie, ma semplicemente di aver pubblicato notizie».

Il decreto di citazione a giudizio «non mi consente in alcun modo di difendermi, giacché non contiene, nemmeno implicitamente, la benché minima descrizione del fatto che mi viene addebitato». «Una condizione di indeterminatezza del tutto inaccettabile», ha aggiunto il giornalista dell’Espresso, sottolineando come non siano indicati i documenti o le notizie che, secondo le accuse, sarebbero stati acquisiti e divulgati illecitamente. A chiedere il rigetto dell’eccezione di nullità poi avanzata dall’avv. Musso, definendola «infondata», è stato quindi il promotore di giustizia aggiunto Roberto Zannotti (presente in aula anche il titolare, Gian Pietro Milano). Zannotti ha negato che sia impossibile individuare la condotta contestata, rilevando che quello in corso «non è un processo per la divulgazione di documenti. Qui non viene conculcata la libertà di stampa: l’oggetto è il modo con cui si sono acquisite le notizie». A Fittipaldi e a Nuzzi – ha ricordato – vengono contestate «pressioni e sollecitazioni» nei confronti di mons. Vallejo per ottenere le notizie e i documenti, e questo «lo si specificherà più diffusamente nell’istruttoria dibattimentale». Non sarebbe inoltre sostenibile che ci sia l’impossibilità a difendersi. «Quali sono le notizie? – ha detto ancora Zannotti -. Sono quelle pubblicate nel libro. Non si parla di documenti sconosciuti. La contestazione sta nell’essersi procurato documenti con una condotta che l’ufficio del promotore di giustizia ritiene illecita». La Corte ha quindi respinto l’istanza difensiva, sottolineando che «per quanto succintamente, gli elementi d’accusa sono delineati nel decreto di citazione». Rigettata anche la richiesta dei termini a difesa dell’avv. Bellardini. Il processo va avanti. Si riprende lunedì.