Roma, polemica sul funerale-show del capoclan Vittorio Casamonica

21/08/2015 di
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funerale-casamonica-roma-2015È bufera sul funerale-Show celebrato nel cuore di Roma in onore di Vittorio Casamonica capo del clan omonimo. Con il mondo politico allarmato dai «segnali mafiosi», interpretati come una «sfida allo Stato». «Roma sfregiata, fatto inquietante», hanno attaccato dal Pd mentre Sel ha investito del caso il Parlamento chiedendo al ministro Alfano spiegazioni sull’aspetto legale della vicenda, chi è stato il regista dell’operazione, chi ha concesso le autorizzazioni. Preoccupato anche il sindaco Marino che ha chiamato il Prefetto perchè siano condotti accertamenti con estremo rigore. Si è anche attivato il ministro dell’Interno Angelino Alfano che ha chiesto a Franco Gabrielli una «relazione dettagliata» sulla vicenda.

Esequie da fiaba: con carrozza d’epoca trainata da 6 cavalli con il pennacchio nero, 12 Suv e limousine, il tutto coronato da una cascata di petali di rosa piovuti dal cielo (con la partecipazione straordinaria di un elicottero privato). Un set cinematografico a tutti gli effetti la cui sapiente regia è rimasta nell’ombra, sconosciuta addirittura al prete che ha celebrato la messa che alla richiesta di spiegazioni è caduto dalle nuvole: le sue competenze – come hanno spiegato anche dal vicariato – sono circoscritte a quanto accade all’interno della chiesa. Non all’esterno, dove l’anonimo «scenografo» aveva posizionato gigantografie del malavitoso e dato il via a musiche evocative (tra l’altro la colonna sonora del Padrino). Una chiesa, la Don Bosco a Cinecittà, non nuova alle cronache. Si è scoperto che quella parrocchia, sormontata da una caratteristica cupola, è la stessa che nel 2006 negò i funerali a Piergiorgio Welby. Malato di Sla, in fase terminale, Welby chiese ai sanitari di staccare la spina (fu eretto a simbolo dell’eutanasia) e gli furono vietati i funerali religiosi.

Ma non è tutto: in quella quella stessa parrocchia nel ’90 è stato celebrato il rito funebre del boss della Magliana Renato De Pedis (poi sepolto nella Chiesa di S. Apollinare, ma questa è un’altra storia). Un intreccio inquietante di fatti e di circostanze che all’improvviso, nell’ apparente quiete agostana sono esplose simultaneamente investendo la Capitale, il Vicariato, la Sicurezza, la Legalità. Con il mondo politico e delle istituzioni (soprattutto locali) rimasti spiazzati. Immediata è stata la presa di posizione del vicariato che non ha nascosto il proprio «imbarazzo» ma ha sottolineato che il parroco certo non poteva rifiutare la celebrazione. «Roma trasformata in un set del padrino è uno sfregio», ha attaccato il commissario romano Matteo Orfini«. Quanto accaduto »è una offesa a Roma e dimostra che la mafia a Roma esiste«, ha affermato il vicesindaco Marco Causi. Considerazioni condivise da Rosy Bindi presidente della commissione Antimafia, allarmata dal »clima di consenso che ha accompagnato una simile messinscena«.

Preoccupato anche Don Luigi Ciotti per il quale »a maggior ragione dopo la scomunica di Papa Francesco dei mafiosi« è »compito della Chiesa denunciare e ribadire che non può esserci compatibilità fra la violenza mafiosa e il Vangelo«. Allarmato anche il sindaco Ignazio Marino che ha chiamato il Prefetto »perchè siano accertati i fatti con il dovuto rigore«. »È intollerabile – ha scritto sui social network – che i funerali siano strumenti dei vivi per inviare messaggi mafiosi«.